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Il cinema prima del cinema
“Il fantasma dell’Opera” è un romanzo capace di mescolare con gusto il thriller a piccole dosi di gotico e romance. Considerato il capolavoro di Leroux, questo libro ha dato vita ad una delle figure più iconiche nel panorama dei “mostri” letterari, pur arrivando un po' in ritardo, con la prima pubblicazione datata 1910.
A grandi linee, la storia è nota al grande pubblico grazie alle molte rappresentazioni teatrali ed ai lungometraggi che ha ispirato, ma il romanzo originale serba molto di più: siamo negli anni Ottanta dell'Ottocento a Parigi e la maggior parte della vicenda si svolge all'interno di quel nebuloso ed affascinante conglomerato noto come il teatro dell'Opera, un luogo pieno di meraviglie ed orrori dove...
«I sottopalchi [...] riescono a trasformare piccoli malaticci in magnifici cavalieri, orrende streghe in fate radiose di giovinezza. [...] ...E i fantasmi vi passeggiano come fossero a casa loro...»
In un'ambientazione tanto suggestiva si vanno a delineare due archi narrativi paralleli, accomunati dalla misteriosa figura del fantasma; da un lato abbiamo i nuovi direttori dell'Opera Moncharmin e Richard alle prese con le richieste quanto mai materiali di questo essere spettrale, dall'altra la storia d'amore tra il nobile Raoul de Chagny e la talentuosa cantante Christine, relazione contrastata non solo dalla differenza sociale tra i due ma anche dalla gelosia di un uomo mascherato.
Il romanzo è costellato da un ricco cast di personaggi, ma solo i principali rimangono impressi indelebilmente nella mente del lettore. Accantonando i direttori -vittime dei siparietti comici di Leroux- e il meraviglioso personaggio chiamato il Persiano, la narrazione è in prevalenza incentrata sui protagonisti di questo macabro triangolo amoroso, Christine, Raoul ed il fantasma. La prima ci viene sempre descritta come una fanciulla dall'ingenuità spiazzante, generata ed accresciuta dai racconti del padre;
«-Ebbene, Raoul, mio padre è in cielo, e io ho ricevuto la visita dell'Angelo della musica.
-Non ne dubito-, replicò seriamente il giovanotto, il quale credeva di comprendere che, in un pensiero patetico, la sua amica mescolasse il ricordo del padre con i clamori del suo recente trionfo.»
la sua indole generosa si rivela però essenziale per la risoluzione dell'intreccio, riscattandola così agli occhi del lettore.
Caratterialmente opposto a lei è invece il visconte di Chagny: Raoul è un giovane serio e pragmatico,
«[...] ciò non vietava che credesse al soprannaturale solo in materia di religione e che la storia più fantastica del mondo non avrebbe potuto fargli dimenticare che due più due fa quattro.»
allo stesso tempo è capace di spendere tutto se stesso per amore di Christine e non esita ad abbandonare gli agi della vita nobiliare pur di stare accanto a lei.
Ultimo eppure più importate è il fantasma dell'Opera stesso. Spesso associato a personaggi che condividono con lui un aspetto fisico deforme, come il gobbo Quasimodo o la Creatura in “Frankenstein” di Mary Shelley, in realtà il fantasma ha in comune con loro solo la genesi della sua storia; a differenza dei suoi “colleghi”, lui dedica la sua esistenza al crimine macchiandosi di truffa, rapimento, aggressione e perfino omicidio. D'altro canto, il fantasma è unico anche nei suoi obiettivi, perché la solitudine per lui non è un sicuro rifugio dall'odio dell'umanità bensì una tortura imposta che vorrebbe fuggire, come afferma lui stesso in questo estratto:
«[...] per quanto mi riguarda, è impossibile continuare a vivere così, sottoterra, in una tana come una talpa! “Don Giovanni trionfante” è terminato, ora voglio vivere come tutte le altre persone.»
E a dispetto delle parole compassionevoli del Persiano e di Christine non si riescono a dimenticare i molti delitti di uno tra i più malvagi antagonisti della letteratura.
Il romanzo ha una struttura particolare, figlia dell'esperienza lavorativa dell'autore. Nascosto dietro la maschera del narratore, Leroux sfrutta la sua esperienza di giornalista per raccontare la storia come fosse un intricato caso di cronaca, tentando al contempo di persuadere i suoi lettori sulla reale esistenza del fantasma.
«L'istruttoria ipotizzò più tardi che quell'ombra fosse quella del visconte Raoul de Chagny; io non lo credo affatto, [...] Penso piuttosto che quell'ombra fosse quella del fantasma, che era al corrente di tutto, come presto si vedrà.»
Come avrebbe fatto per uno dei suoi articoli, l'autore cita delle fonti ufficiali inserendole nel testo, come le trascrizioni degli interrogatori:
«Che cosa era successo? [...] ed ecco in che modo questi [interrogatori] furono trascritti sui verbali dell'inchiesta (fascicolo 150).
Domanda: La signorina Daaé non vi aveva visto scendere dalla vostra camera dalla singolare uscita che avevate scelto?
Risposta: No, signore, no, no.»
ed afferma di aver interpellato personalmente molti dei personaggi coinvolti. Purtroppo la maggior parte del testo non è composto da questi estratti e ne risulta un espediente monco; non ho apprezzato troppo neanche l'utilizzo spropositato dei puntini di sospensione e i repentini cambi dei tempi verbali, forse colpa della traduzione.
Ho invece apprezzato molto la struttura narrativa di alcune scene, dal taglio quasi cinematografico, con i retroscena svelati in un secondo momento a creare un effetto di suspense o al contrario comico. E proprio il lato umoristico della storia è un grande punto a favore del libro; pur avendo le capacità di scrivere una valida trama gialla, Leroux sceglie di prendersi gioco sia dei direttori nella loro piccola indagine per smascherare il fantasma,
«[...] qui ci siamo soltanto io e te!... e se le banconote sparissero senza che noi ci entrassimo in alcuni modo, né te né io... non resta che credere al fantasma... al fantasma...»
sia delle stesse forze dell'ordine, nella persona del commissario Mifroid che prende il suo compito decisamente alla leggera:
«È tutta qui, signori, quest'arte della polizia, ritenuta tanto complicata, ma che diventa così semplice non appena si è compreso che tutto sta nel far fare il poliziotto a chi non lo è!»