Dettagli Recensione
L’eterna sfida
Moby Dick appartiene senz’altro all’immaginario collettivo di molte generazioni. L’invincibile balena bianca, simbolo del male assoluto eppure avvolta da una fascinazione segreta emanata dalla solitaria maestosita' e dalla forza selvaggia,e' immagine iconica per eccellenza. Tuttavia credo che in pochi, abbiano letto per intero il corposo ed impegnativo romanzo di Melville. Io stesso per due volte da ragazzo ne iniziai la lettura per poi lasciarlo a meta', logorato come ero dalle lunghe digressioni marinaresche e dalle erudite dissertazioni cetologiche.
Nel rileggerlo oggi in eta' “matura” mi rendo finalmente conto dell’ambiziosa concezione del romanzo. Un libro che gia' nasce come “classico” ed il cui spessore va ben oltre l’aspetto favolesco che pur ne ha garantito la perdurante fama.
Rimando a proposito all’ottima prefazione di Cesare Pavese (peraltro straordinario traduttore del testo Melvilliano) in cui si evidenzia il carattere fondativo dell’opera nel quadro della nascente letteratura americana. Pavese osserva inoltre l’esplicita connessione con i testi biblici a partire dai nomi dei personaggi, dalle citazioni, dal carattere morale e profetico della narrazione quasi epica.
A me preme soltanto sottolineare la straordinaria energia che emana dai capitoli di questo classico. Oltre 130 capitoli, alcuni brevissimi, da gustarsi come si gusta un brandy dopo cena. Una energia che definirei “americana” perche' , il Moby Dick e' anche affermazione di una cultura nuova, lontana dai canoni europei, senza complessi di inferiorita', ma determinata ad imporsi ed a dotarsi di una nobilta' propria.
Cosi' questo microcosmo e' popolato da intrepidi cacciatori di capidoglio, personalita' forti che paiono tagliate con l’accetta, ora folli (Achab certo, ma anche il suo grottesco e tremebondo contraltare Pip), ora selvagge (i ramponieri pagani Quiqueg, Tashtego, Deggu), ora eroicamente consapevoli (Starbuck, ma pure i piu' irresponsabili Stub e Flask). Uno stuolo di personaggi protagonisti di avventure esotiche e selvagge battaglie marine eppure obbedienti alle virili e cavalleresche regole di bordo. Questo microcosmo dicevo, che presto si dissolvera' col tramonto del commercio del prezioso olio di balena, ha in se’ i prodromi dello spirito americano che rendera' il "nuovo mondo" la superpotenza dominante del novecento.
Chi e' dunque il vincitore di questa sfida perenne tra l’umanita' e le avverse forze della natura e del male che esse simboleggiano? Perche' e' di umanità intera che occorre parlare visto che l’intero equipaggio del Pequod e' strumento consapevole della folle sete di vendetta del suo capitano.
Davvero il grande Leviatano l’ha avuta vinta nel disperato duello contro il capitano Achab e la sua ciurma? Ognuno tragga le conclusioni che crede. A me piace pensare che la vittoria sia nella sfida stessa, che ci sia più gloria nell’affrontare battaglie gia' perse in partenza, che vi sara' sempre il Giona-Ishmael di turno che, unico testimone sopravvissuto alla disfatta, tramandera' ai posteri la necessità di continuare la lotta.
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Commenti
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Raccomando la traduzione di Pavese !
Spesso, quando si parla di classici, le riletture danno maggior soddisfazione delle prime letture ...
Mi sono gustato appieno i Promessi sposi soltanto alla terza lettura !!
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