Dettagli Recensione
Di cosa non ti puoi privare...
Più che una recensione al dramma queste poche righe vorrebbero tendere alla lettura dell'edizione della BUR classici (febbraio 2016) in quanto funzionale alla decodifica di un'opera che si presume di conoscere e che puntualmente si finisce per archiviare come un vero e proprio dilemma. L'edizione presenta testo inglese a fronte, un ricco apparato di note a cura di Keir Elam, un saggio di Viola Papetti e la traduzione del compianto Gabriele Baldini. Fin da subito appare chiaro, anche all'occhio profano, che si andrà a fruire di un lavoro importante e che la lettura rallentata dal fitto apparato di note sarà un 'occasione per avvicinare un'opera che spesso nell'immaginario collettivo, come capita con tante creazioni del Bardo, è stata liberamente interpretata e di volta in volta calata a mere esigenze di attualizzazione. Una stessa sezione dell'introduzione è interamente dedicata ad “Amleto in scena e sullo schermo” senza trascurare le moderne interpretazioni italiane da Gassman ad Albertazzi fino ad Antonio Latella nel più recente 2003.
Arricchiscono il volume un interessante apparato bibliografico, una nota filologica e le varianti testuali. A chi meno edotto su tali questioni già il solo corpus testuale diventa fonte di preziose informazioni: il lettore infatti ha modo di ricordare di essere di fronte ad un testo in poesia la cui ricchezza semantica è intessuta non solo di sforzo e maestria metrica ma, soprattutto, di fine ricerca lessicale rivolta all'uso del doppio senso spesso di carattere sessuale, o di una retorica che fa di metafore, metonimie ed endiadi il substrato semantico di un significato complesso. I temi, poi si intrecciano in modo tale da far oscillare nel dubbio tra dramma pubblico o privato. L'impostazione scenica, quella presunta del Globe, infittisce il mistero: le forzature nella divisione in atti e in scene, le supposizioni circa gli stesi atti scenici se non addirittura sulla presenza scenica di alcuni personaggi in dati momenti, restituiscono la complessità già presente alla base. La stessa rappresentazione del dramma sul finire dell'epoca elisabettiana è indicativa di ulteriori significati contingenti al periodo storico che si chiudeva e che le note aiutano a cogliere permettendo di ampliare la nostra visione. Ci si ritrova anche di fronte a interessanti scorci metaletterari, o meglio meta-teatrali, che indirizzano sullo stato del teatro nell'Inghilterra dell'epoca e sul ruolo che la compagnia dell'autore ricopriva, in termini di novità, rispetto al passato.
Certo c'è poi da gustare l'opera letteraria in sé, ma lo sapete questa è atipica per tensione narrativa, è il dramma dell'inazione per antonomasia, ciò che qui va cercato è il significato della parole e non è semplice da rintracciare. Ecco perché una buona edizione merita una recensione più della stessa opera di cui si occupa. Buona degustazione.
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Splendido lavoro di Shakespeare!