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I rudimenti dell'Amok
Come già lautamente enunciato da Carlo Lucarelli e Massimo Piccozzi nel loro ultimo lavoro intitolato “Amok. Le stragi dell’odio”, detto termine ha origine dalla parola malese “mengamok” e si traduce in quella carica furiosa e disperata che prende campo nel folle omicida che al momento di compiere un assassinio non ha consapevolezza e responsabilità in quanto detta colpa è “insita interamente nel demone tigre, nello spirito del male chiamato hantu belian che si” è, al momento della consumazione del reato, “impadronito del corpo e della mente del killer costringendolo a colpire e correre, correre e colpire”.
La omonima novella a firma Stefan Zweig, scritta nel 1922 e ambientata nel 1921 sulla nave Oceania, ha quale protagonisti due uomini: un primo che rievoca i fatti del viaggio accaduti durante l’ormeggio al porto di Napoli, e un medico tedesco prossimo alla pensione, che narra di quel periodo della sua esistenza comprendente gli ultimi dieci anni (e nello specifico gli ultimi due) di carriera. Si noti bene che la scelta di quest’ultimo di imbarcarsi per le Indie e di dirigersi in una località sperduta nei pressi di una città sita indicativamente tra Batavia o Surabaya, era stata determinata dal fatto che il sanitario, per accontentare i voleri di una donna ammaliante, aveva approfittato della cassa dell’ospedale causandone un ammanco significativo. Con la carriera, dunque, aveva chiuso e l’unico modo plausibile per auspicare alla pensione e a concludere gli anni mancanti a questa, altro non era, che congedarsi dal vecchio continente e partire con del denaro anticipato (e ancor prima di giungere sulla nave dilapidato per saldare i debiti e per rispondere ai desideri di un’altra donna di gran fascino) per questi luoghi sconosciuti. Il tedesco è consapevole di essere condannato dall’Amok e dalla solitudine e per questo decide di affidare la sua storia al passeggero per giungere, di poi, a quello che sarà il congedo finale.
Al tutto si somma uno stile narrativo fluido e preciso e una narrazione che alterna presente e passato, l’Europa alle ambientazioni, agli usi e ai dogmi coloniali, alla morte per mano propria, alle oscurità umane, al tentativo invano di redenzione.
Certamente, fondamentale per comprendere le ragioni della stesura dell’opera, è il contesto storico: Zweig pone in essere il suo componimento raccontandoci una vicenda privata alquanto comune e ordinaria che ha ad oggetto una follia collocata tra soggetti ben definiti e che tocca tematiche che si estrinsecano tra ricatti, orgogli, convinzioni di poter comprare una persona, estremizzazioni di gesti che portano a conclusioni inevitabili di altre vite umane, ma che è sicuramente da leggere in un’ottica più ampia, macro-dimensionale in quanto predisposta a ridosso di quell’Amok già percepibile nell’aria e che avrebbe, di lì a poco, portato all’avvento dei regimi dittatoriali, e che quindi avrebbe contagiato tutti i popoli europei.
Nel complesso, pertanto, il racconto è una piacevole lettura che sa farsi apprezzare per gli intenti e per la collocazione storica ma che non brilla di originalità e approfondimento. Per chi già ha letto altri testi sull’argomento o viene come me da studi giuridici e criminologici, la vicenda non può che risultare dal punto di vista dell’ampliamento delle nozioni, pressoché sufficiente. Al contrario potrà maggiormente essere amata da chi, incuriosito dal che cosa sia l’Amok, vi sia al primo contatto.
Indicazioni utili
- sì
- no
No = a chi al contrario ne ha già conoscenza e cerca un elaborato per approfondire la tematica
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