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Fatale ineluttabilità
“La natura non dice troppo spesso ‘guarda’ alla povera creatura nel momento in cui il guardare potrebbe portare a una lieta conclusione.”
Gran Bretagna, XIX secolo. Tess Durbeyfield è una giovane donna - secondo i canoni sociali odierni, poco più di una bambina - di eterea bellezza; la sua bontà e il suo candore sono commoventi, i suoi sentimenti puri, di una purezza propria solo degli animi più immacolati: “In quel tempo della sua vita era come un vaso colmo d’emozioni non ancora imbevute dall’esperienza.”.
In una tranquilla sera di maggio, un curato di campagna, incontrandolo sulla via del ritorno a casa, rivela a John Durbeyfield, padre della giovane Tess, di avere di recente scoperto che la famiglia dell’uomo vanterebbe nobili origini, discendendo dall’antica casata normanna dei D’Urberville; questo incontro dal retrogusto manzoniano si rivelerà fatale - nel senso più etimologico del termine - per la povera Tess, facendola scivolare, lentamente ma inesorabilmente, tra le braccia di un destino già scritto, che la giovane tenterà di sfidare con commovente determinazione, ma cui tenderà infine la mano, con rassegnata serenità.
“Appoggiandosi agli alveari, col viso rivolto verso l’alto, prese a fare considerazioni sulle stelle, i cui freddi battiti pulsavano in mezzo alla nera vacuità del cielo in un sereno distacco da quelle pagliuzze di vita umana; le chiese quanto quelle luci scintillanti fossero lontane e se Dio si trovasse dietro a esse.”
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È proprio vero: "Tess dei D'Urberville" mi è piaciuto a tal punto che mi sono limitato ad un invito alla sua lettura, più che ad una recensione vera e propria!
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