Dettagli Recensione
Martin
Non è mai semplice leggere Jack London perché i suoi scritti sono tutti intrisi di un mix di emozioni crude e situazioni ai limiti che non possono lasciare indifferenti. “Martin Eden” è tra tutti i suoi lavori il più celebre e emblematico in quanto fortemente impregnato della sua esperienza autobiografica. Sin dalle prime battute dove il protagonista, un marinaio rozzo e con una istruzione e modi mediocri viene invitato a un pranzo di famiglia dell’alta borghesia, il componimento è caratterizzato da dolore, rabbia, tenerezza, senso di inferiorità e malinconia. Immediata è la percezione di confusione e di inadeguatezza da questo provate, una inadeguatezza che lo rende autore di piccole ma inevitabili gaffe, che lo rendono impacciato, che lo fanno sentire un pesce fuor d’acqua, che lo rendono inetto a quelle circostanze che gli si presentano innanzi. Tutto è altresì accentuato dall’incontro con Ruth, la bella figlia del padrone di casa e chiaramente oggetto inarrivabile del desiderio che però a causa di un chiaro turbamento fa all’eroe presupporre di avere qualche possibilità. I libri che da sempre lo incuriosiscono seppur mai abbia avuto la possibilità di approfondire il loro senso, sono adesso lo strumento con cui arrivare al cuore di lei ed anche con cui raggiungere una nuova dimensione personale. Questi sono inoltre ricchi di un significato che nella sua verità gli è sempre stato oscuro e che piano piano si dipanerà ai suoi occhi. Più passerà il tempo e più i libri da leggere diventeranno complessi e più il marinaio muterà nei modi e nella mente.
Amore, illusione, desiderio di riscatto, disfatta, impossibilità di cambiare il proprio status sociale, emarginazione, abbandono sono soltanto alcuni degli elementi che caratterizzano l’opera. Martin, che diventerà uno scrittore e che farà dell’istruzione la sua arma per raggiungere il riscatto, si allontanerà da quel che è stata la sua formazione e da quel che era il suo mondo finendo con il non appartenere più né a questo né a quello borghese in cui ha faticosamente cercato di entrare. Gli stessi valori che gli erano propri risulteranno a lui estranei e incomprensibili come quella ipocrisia insita alla classe sociale più elevata per la quale, nonostante i suoi sforzi, resta un emarginato, un non degno, un non voluto. Ecco perché egli riuscirà ma al contempo fallirà nella sua impresa.
Ciò mediante una penna precisa, pignola, attenta e minuziosa nelle descrizioni a cui si sommano una serie di riferimenti alle teorie darwiniane nonché alle teorie filosofiche del Superuomo che conducono, ancora, ad una profonda autoanalisi sul senso della vita, dell’essere, della sconfitta, del desiderio di annullamento e di quella voglia di scomparire senza lasciare alcuna traccia. Un libro in cui è impossibile non rispecchiarsi per la miriade di situazioni e circostanze presenti, un libro complesso che va letto e gustato poco alla volta e che induce il lettore a guardarsi dentro e a interrogare il suo animo più intimo su quel profondo senso di solitudine che inesorabilmente ci portiamo appresso.
«In me è morto qualcosa, io non ho mai avuto paura della vita, tanto che non mi sarei mai nemmeno sognato che avrei potuto esserne sazio. La vita mi ha talmente saziato, che mi ha svuotato di ogni desiderio per qualsiasi cosa.»