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Dolorosa presenza
“ Ethan Frome “, da considerarsi un lungo racconto o un breve romanzo, abbandonati gli usuali salotti newyorkesi di Edith Wharton, vive nella fredda, isolata e nevosa Starkfield, in Massachusetts, e possiede i tratti di Ethan, il protagonista, un cinquantenne originario di questa terra, oggi ridotto ad un rottame, dotato di una forza noncurante e di un che di tetro e respingente, un individuo zoppicante, talmente rigido ed ingrigito da sembrare vecchio ma con un’ indole taciturna comunque rispettata.
Tutto ebbe origine da un incidente che ne segnò inclinazione e storia parecchi anni prima, oggi la ricostruzione dei fatti si affida all’ intuito di un estraneo che lo ha incontrato, conosciuto, frequentato e che raccoglie il chiacchiericcio della comunità con la sensazione che il significato più profondo del racconto stia in alcune lacune tra i fatti.
Una vita infarcita di guai e malattie, un percorso di sofferenza che lo ha indotto a rinchiudersi in fondo a se stesso. Ethan è parte di quel paesaggio muto e melanconico, incarnazione di un dolore gelido che ha sepolto calore e sensibilità sotto la superficie, eppure il suo silenzio non è ostile ne’ l’ isolamento morale e la solitudine che vive sono il solo risultato della sua vita personale.
Una infanzia segnata da abbandono, duro lavoro, malattia, un contrasto tra aspetto esteriore e bisogni interiori fino all’ arrivo nella fattoria della giovane Mattie Silver, cugina della moglie Zeena, a segnare il cambiamento. Una ragazza con una bellezza naturale di cui Ethan ha subito il fascino da sempre, non incline ai lavori domestici ma propensa ad ascoltare ed imparare, anima affine che possiede il respiro della sua sofferenza ed alla quale svelare i propri sentimenti.
È l’ inizio della fine, di altro o della illusione di altro, giorni finalmente lontani dal grigiore degli anni trascorsi con Zeena, donna arcigna e lamentosa, dalla salute cagionevole, occupata a curare la propria indole malata ma ignara dei bisogni altrui, non vecchia ma già anziana.
Mattie, al contrario, e’ il soffio della giovinezza, di tutto quello che non è stato, abbattuto ogni velo di reticenza ed avendo insinuato in Ethan un’ intimità di lunga data e l’ idea di trascorrere serate di normalità.
Quando il proprio stato di prigionia ritorna insieme all’ impotenza di un evento ineluttabile, Ethan scoprirà la possibilità di rinsavire e di vedere la propria vita per quello che è.
Un incidente segnerà il ribaltamento dei ruoli intrafamigliari, una morte miracolosamente restituita alla vita o indebitamente sottratta al proprio destino, un lungo percorso di colpa e condanna, il volto ammaccato di un corpo segnato per sempre avvolto in una drammatica storia.
Per chi nutrisse dei dubbi, in “ Ethan Frome “ Edith Wharton esprime in toto il proprio talento letterario avendo trovato se stessa, da sempre inserita nella vita e nelle regole di una società mondana intessuta di pregiudizi, buone maniere, discreta e conservatrice, ma riuscendo a scovare e a rappresentare nella forza letteraria un sommo principio di verità’ e vitalità, la profondità di una natura umana inespressa, ripetutamente oltraggiata e ferita, la cui forza e peculiarità esplodono nei personaggi dei suoi romanzi, di cui Ethan ne è un vivido esempio.
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