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Il precursore dei distopici
Dopo aver letto (per la terza volta) Fahrenheit 451, ero curioso di leggere quello che è un po’ il capostipite di tutti i romanzi distopici, ovvero quest’opera di Evgenij Zamjatin. Che cosa dire; sicuramente si percepiscono le idee che inseguito verranno sviscerate e approfondite da Bradbury, Orwell e Huxley (tra gli altri), pur non raggiungendo la medesima forza, la medesima efficacia; pur conservando l’angoscia e il senso di oppressione tipico di questo genere di romanzi. D-503 è l’embrione di Montag e Winston Smith: coloro in cui si insinua il dubbio; I-330 è l’embrione di Clarisse e Julia: coloro che questo dubbio risveglieranno; lo Stato Unico del Benefattore è l’embrione del Grande Fratello e del Governo a capo dei militi del fuoco: gli oppressori che si spacciano, appunto, per benefattori.
È interessante vedere come Zamjatin avesse anticipato i grandi rimanendo un po’ nella loro ombra; ammirevole come le sue idee fossero in anticipo sui tempi, pur non possedendo la stessa potenza che avrebbero avuto i suoi successori. Come Herbert George Wells (al quale, infatti, Zamjatin si ispirava), l’autore russo è stato un visionario le cui intuizioni si sono costituite base di un genere che nei decenni a venire è stato sfruttato all’inverosimile. Un plauso gli va rivolto anche soltanto per questo.
D-503 vive la sua vita convinto di essere felice. La vita degli uomini è stata ormai organizzata nei minimi dettagli, minuto per minuto, fatta eccezione per delle brevi ore di libero impiego. Tutto è logico, strutturato attraverso metodologie matematiche che non possono sbagliare e che limitano la vita di un uomo e gli impediscono di venire a contatto con le cause dell’infelicità: l’amore su tutte; sostituito da brevi incontri tra gli “alfanumeri”, che possono prenotarsi a vicenda per soddisfare le proprie necessità fisiche. Per chi rifiuta, c’è in serbo l’esecuzione, così come per chiunque osi opporsi in qualsiasi modo allo Stato Unico.
D-503 è il Costruttore dell’Integrale, una specie di navicella che dovrebbe portare agli uomini su altri pianeti il segreto di questa felicità che l’umanità ha finalmente trovato dopo anni di sofferenze. Tutto è pronto, se non fosse che nel momento meno opportuno avviene l’incontro fatale con I-330: donna enigmatica che porta nella vita del costruttore il dubbio e infine l’amore: una malattia da debellare; peggiore della peste e probabilmente più letale, soprattutto in una società siffatta.
Forse un po’ confusionario in certi tratti, è comunque un’opera particolare e probabilmente molto interessante da leggere per chi ami i romanzi distopici.
“Ecco: in quel momento procedevo di concerto con tutti, eppure avulso da tutti. Ero ancora tutto scosso per le ansie provate, come un ponte rintronato dal passaggio di un vecchio treno di ferro. Avevo sensazione di me. Ma ha sensazione di sé, è cosciente della propria individualità, soltanto un occhio irritato da un bruscolo, un dito in suppurazione, un dente cariato: se sani - occhio, dito e dente è come se non esistessero. Non è forse chiaro che avere coscienza di sé equivale soltanto a malattia?”