Dettagli Recensione
Top 500 Opinionisti - Guarda tutte le mie opinioni
Il codice del mondo
Di questo grandioso poema posso solo dare qualche fuggevole e parziale impressione: ho troppo pudore e soggezione per dire di più.
Innanzi tutto preciso che l’ho ascoltato nella bellissima versione in audiolibro letta da Piero Baldini, un’interpretazione davvero coinvolgente.
Ho trovato e riconosciuto tutti i temi anticipati dai manuali di letteratura: la lotta dell’uomo per il dominio sulla natura, il senso del limite e la febbrile ambizione di sfidarlo e superarlo, l’ossessione puritana per il Male che perversamente attrae l’uomo e lo spinge a combatterlo, i demoni che abitano e sconvolgono la psiche umana, la catastrofe annunciata in ogni proposito di vendetta, la vitalità e la furia distruttrice dell’odio.
Mi ha impressionato soprattutto il carattere “enciclopedico” dell’opera, quasi che l’Autore (che per otto anni fu marinaio e baleniere) intendesse rappresentare il senso della vita dal punto di vista di un cacciatore di balene: si scandagliano scienze, storia, filosofia, religione, sociologia, economia e antropologia per comporre una sorta di codice del mondo attraverso le balene, i mari, le navi baleniere e i loro equipaggi.
La difficoltà, o il piacere, della lettura riguardano proprio questo aspetto. Lo stile e la scelta narrativa sono poco compatibili con il mondo contemporaneo, che scivola veloce e iperconnesso sulla superficie di ogni cosa. Non è solo questione di età dell’opera o di appartenenza all’Olimpo dei classici. Probabilmente questo romanzo risultava un po’ troppo ambizioso e pretenzioso persino per l’epoca in cui fu scritto.
Eppure, se solo si ha la pazienza di fermarsi, di lasciarsi sprofondare nel fascino dell’immensità degli oceani, che aprono spazi infiniti per pensare, ascoltare, assaporare ogni più piccolo dettaglio che riempie e colora il tempo di una lunghissima navigazione, ecco se si affrontano le ampie, meticolose (e qualche volta pedanti) divagazioni dell’Autore con questo spirito, la trama e la meta non diventano così importanti quanto il viaggio, i personaggi e le mille storie con cui si inganna l’attesa della caccia alla balena bianca. Insomma, non si tratta di “salgarismo”, è un caso molto diverso rispetto alle lezioni di botanica che ci venivano inflitte ogni volta che il Corsaro Nero e i suoi compari inciampavano in una radice di baobab nel cuore della foresta. In Moby Dick le divagazioni non interrompono l’azione, ma sono esse stese sostanza ed essenza dell’opera. E’ questo l’aspetto che ritengo utile sottolineare prima di consigliarne o sconsigliarne la lettura.
Si tratta di attendere semplicemente il momento adatto.
“Come può il carcerato evadere se non forza il muro? Per me la Balena Bianca è quel muro, che mi è stato spinto accanto. Qualche volta penso che al di là non ci sia nulla. Ma mi basta. Mi mette alla prova, mi sovraccarica: io vedo in lei una forza oltraggiosa innervata da una malizia imperscrutabile. Quella cosa imperscrutabile è ciò che odio soprattutto: e sia la Balena Bianca l’agente o sia il mandante, io le rovescerò addosso questo mio odio…”
Indicazioni utili
Commenti
4 risultati - visualizzati 1 - 4 |
Ordina
|
Dall'epoca della mia recensione, arrendendomi al fatto che in lingua originale non avrei mai superato pagina 120, ho ripreso il volume in italiano sperando di ricredermi.
Purtroppo continuo a ritenere che le tre anime del libro convivano a fatica. Quella avventurosa ed umana è ancora attualissima e, forse, meriterebbe un ulteriore sviluppo ed approfondimento. Quella "dotta", infarcita di allegorie, metafore, presagi, ammonimenti morali, mutamenti improvvisi di stile, temo abbia trovato il suo tempo ed oggi sia assai meno piacevole. Quella scientifica o pseudo-scientifica, se nell'800 poteva avere anche un valore dirompente in una società che ignorava quasi tutto sulle balene, oggi risulta ridicolmente inaccettabile, se non offensiva per chi ha una radicata sensibilità animalista.
Però concordo sul fatto che non si può prescindere dalla lettura di questo volume.
Come noto, Moby Dick fu un fiasco alla sua uscita, i critici la stroncarono per la sua eccessiva ambizione (dissero che era piena di metafisica tedesca). Dopo di che, Melville pubblicò ancora un gioiellino come Bartleby lo scrivano e poco altro. Si impiegò alle dogane come il suo amico Nathaniel Hawthorne (cui Moby Dick era dedicato) e fu riscoperto come scrittore solo molto più tardi.
Credo che con diverse sfumature concordiamo in parecchi su un aspetto: Moby Dick si caratterizza . più che per la sua bellezza, per la sua "imponenza". Quella stessa imponenza che, a tratti, secondo il mio personale gusto, ha anche un po' della bellezza. Come non rimanere affascinati da una costruzione così gigantesca basandosi su un aspetto così specifico come la caccia alle balene? Da questo punto di vista quella "metafisica tedesca" di cui M. fu accusato, diventa un titolo di merito: quanti infatti sono in grado di sviluppare una visione del mondo e una filosofia partendo da una propria esperienza di vita?
Concordo però che sul piano narrativo avrebbe giovato un'ambizione più contenuta. Per dire, La lettera scarlatta di Hawthorne si concentra su uno solo dei temi contenuti in Moby Dick e la si legge più agevolmente.
4 risultati - visualizzati 1 - 4 |