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L'abbazia di Northanger
 
L'abbazia di Northanger 2018-10-05 21:49:39 La Lettrice Raffinata
Voto medio 
 
4.3
Stile 
 
4.0
Contenuto 
 
5.0
Piacevolezza 
 
4.0
La Lettrice Raffinata Opinione inserita da La Lettrice Raffinata    05 Ottobre, 2018
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I misteri dell'abbazia (fantasma)

Senza neppure riflettere, assegnerei il massimo della valutazione ad ogni opera di Jane Austen. Per fortuna, prima di commentare un libro ho la buona abitudine di leggerlo; nel caso specifico, andrò oltre la mia ammirazione incondizionata per l’autrice e metterò in luce da subito gli aspetti del romanzo che meno ho gradito.
C’è poco da fare: “L’abbazia di Northanger” è invecchiato male! Mi riferisco in particolare alla pungente satira al romanzo gotico in generale e a “I misteri di Udolpho” di Ann Radcliffe in particolare, che all’epoca era l’equivalente contemporaneo di un best seller internazionale. Per meglio comprendere la mia osservazione, pensate ad un fenomeno letterario-trash dei nostri giorni, come “Cinquanta sfumature di grigio”; se oggi qualcuno lo deridesse in un romanzo o ci scrivesse un intera parodia, i lettori potrebbero trovarla divertente, mentre la stessa operazione tra un centinaio d’anni non riscuoterebbe il minimo successo, perché in pochi ricorderebbero l’”opera” in questione. Almeno spero.
Un altro problema risiede nel titolo stesso del romanzo, perché l’abbazia compare solo nell’ultimo terzo del volume e non viene neppure nominata prima di una buona metà dello stesso. La storia è invece ambientata principalmente nella rinomata Bath, città notoriamente detestata dall’autrice ma che allora era fulcro della vita sociale nel periodo estivo. È dunque con viva gioia che la giovane Catherine Morland, quarta di ben dieci fratelli, accetta l’invito dei signori Allen, una coppia di benestanti vicini, ad accompagnarli nell’abituale soggiorno presso la località termale. Qui la protagonista conoscerà gli altri personaggi principali, fra i quali subito si distingue Henry Tinley, affascinante e sagace gentiluomo che in una sola serata conquista il cuore di lei.
Per una buona parte del romanzo, la storia d’amore tra i due viene intralciata dall’interferenza dei fratelli Thorpe, famiglia di estrazione ancor più umile dei Morland, ma a differenza di questi disposti a tutto pur di farsi strada nel bel mondo: Isabella si proclama fin dai primi capitoli amica di Catherine e non tenta certo di celare le sue mire sul fratello di lei, James, che crede un buon partito; John si convince invece di poter ottenere senza alcuno sforzo la mano della protagonista, erroneamente ritenuta l’erede degli Allen.
I personaggi sono certamente uno dei punti forti del romanzo. Catherine si può considerare il prototipo per altre protagoniste austeniane, come Marianne di “Ragione e sentimento” con cui ha in comune l’ingenuità a tratti eccessiva, ma nella seconda metà del volume la ragazza dimostra un carattere ben più deciso e, soprattutto, la capacità di imparare dai propri sbagli, un po’ come Emma, protagonista dell’omonimo romanzo. Uno dei temi centrali della narrazione è appunto la crescita emotiva della giovane, che dovrà capire a proprie spese quanto possano rivelarsi meschine alcune persone. Da lettori è poi impossibile provare empatia per la sua passione letteraria, perché capita a tutti di immergersi a tal punto in una storia da crederla reale.
Henry ricorda invece Fitzwilliam Darcy per l’acume e la visione disincantata della vita, ma risulta ben più gradevole e alla mano del suo omologo in “Orgoglio e pregiudizio”; a mio avviso, il giovane è il più riuscito tra gli eroi tratteggiati dalla Austen, perché a dispetto delle frecciatine rivolte a Catherine si dimostra sempre gentile ed è evidente come il suo intento non sia quello di offenderla bensì di farla riflettere.
Come negli altri suoi lavori, la Austen non lesina stoccate ai personaggi secondari, che sono tese a mostrare il vero volto della società, celato dietro ad una facciata di educazione e perbenismo. Unici ad essere risparmiati sono le famiglie Morland e la dolce Eleanor, personaggio in parte solo abbozzato sul quale verrà più tardi modellata Georgiana Darcy.
A questo punto è d’obbligo far luce sulla genesi editoriale di questo romanzo. Benché sia stato pubblicato postumo, “L’abbazia di Northanger” è la prima opera completata da Jane Austen, e questo aiuta a capire perché lo stile sembri ancora acerbo. In quanto satira dell’”Udolpho”, l’editore non volle pubblicare il volume, in un bizzarro caso di auto-censura atta ad evitare uno scontro contro quello che era il caso editoriale del momento.
La narrazione è molto evocativa, a tratti quasi poetica; inoltro l’autrice si rivolge più volte al lettore in modo diretto, definendosi la biografa di Catherine, e creando con lui una complicità naturale, come tra due amici che spettegolano dei loro conoscenti.

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