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Nostalgia canaglia
In una bella mattina del 1829 un ex ufficiale napoleonico, il comandante Genestas, percorre una valle incantevole della Savoia, arriva da Grenoble ed è in cerca del dottor Benassis; vi è spinto dalla sua fama ed è apparentemente in cerca di cure a favore della propria persona. Il paesaggio , grandioso nei suoi scorci paesaggistici, lo incanta ma ogni cenno di presenza umana lo disorienta e progressivamente lo riporta ad uno stadio atavico di sviluppo. La civiltà non è ancora arrivata in questi luoghi eppure tutti lavorano e la mendicità non è di casa. La visione borghese dell’organizzazione sociale, civile e progredita,- puro schema mentale- viene lentamente sostituita da un insieme di incontri : uomini , donne e bambini vivono nell’indigenza incomprensibile e intollerabile, loro unico sollievo è il medico di campagna, il dottor Benassis.
Quando finalmente i due si incontrano Genestas verrà reso edotto da Benassis del suo vero ruolo all’interno di questa comunità che quando vi arrivò era ridotta ad un pugno di esistenze afflitte dalla piaga del cretinismo. Il medico racconta dunque il suo operato e gli esiti felici di civilizzazione che egli ha ottenuto. Oltre al resoconto dei progressivi sviluppi, pare quasi di assistere alla rinascita del genere umano, ad una nuova Genesi, ascoltiamo l’esposizione di un vero e proprio pensiero politico. Non nego di essere rimasta affascinata da questo programma politico utopico e dalla sua realizzazione e dalla rieducazione morale che esso comporta. Spesso mi è venuto in mente che un buon politico o anche un semplice amministratore dovrebbe conoscere quest’opera di Balzac, eppure alla lunga l’utopia stanca e il pensiero subisce un’involuzione quando Benassis lo esplicita in una conversazione con il parroco della comunità. Al bando il suffragio universale e il principio dell’elezione, il proletariato viene relegato alla sua operosità perché incapace di partecipazione politica come lo sarebbe un minorenne che ha ancora bisogno di tutela. La massa non può sfornare leggi, perché un eccesso di legislazione produce assenza di legislazione ( qui , ammetto, che il pensiero alla selva legislativa italiana, mi ha per un attimo , quasi convinto della teoria politica del nuovo Machiavelli) e ancora il privilegio governativo ristretto solo a uomini istruiti e intelligenti ( anche qui mi viene da sorridere pensando al nostro attuale scenario politico) : “Il deputato intelligente sente la ragione di stato, il deputato mediocre scende a patti con la forza”. Si arriva infine a tessere l’elogio del potere in mano ad uno solo cui segue una mitizzazione di Napoleone, che mi disgusta non poco. Le parti finali dello scritto restituiscono un minimo impianto narrativo, niente di originale, funzionale all’economia generale dello scritto.
Se vi dicessi infine che quest’opera nasce in seguito ai tentativi ripetuti di farsi eleggere deputato, quali considerazioni ne trarreste?
Nostalgia canaglia.
Indicazioni utili
o romanzi all'ombra del mito napoleonico
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Ciao Laura!
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