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Oltre le illusioni
Nella complessa produzione di Balzac, questo romanzo del 1833 è uno fra i titoli più noti e apprezzati , il tredicesimo, e insieme uno degli episodi più celebri del successivo e colossale progetto affidato alla “Commedia Umana”.
È un fedele ritratto della società francese abilmente focalizzato su uno dei personaggi più memorabili della letteratura : Félix Grandet e sull’intero nucleo familiare composto da una moglie sottomessa, una figlia ingenua e una devota donna di servizio. Eugénie, la figlia, riveste però nell’epilogo un ruolo salvifico e catartico, rispetto all’economia generale dei fatti narrati e delle implicazioni etiche che se ne deducono. Appare il contraltare di un mondo che è governato dalle leggi del guadagno, dalla produzione, dai titoli nobiliari ancora da inseguire benché al lavoro sia riconosciuto il ruolo salvifico nella misura in cui è proporzionale ai guadagni che permette di realizzare. Non importa a quale prezzo. Non importa se al dio denaro si sacrifica tutto, se l’amore passa in secondo piano o non viene più contemplato come unico motore. Le stesse relazioni , nella provincia rappresentata, sono il mezzo per aspirare a mantenere o a migliorare la propria condizione sociale.
La lettura -molto gradevole- porta a concentrarsi sul padre di Eugénie, l’avaro per eccellenza, mirabilmente rappresentato, eppure ad uno sguardo più attento penso non possa sfuggire che la vera protagonista è appunto colei alla quale è intitolato il romanzo, dietro la quale si celerebbe la Maria della dedica iniziale, l’amante provinciale con cui lo stesso Balzac ebbe una figlia. È lei, la vinta, la vittima di un disordine sociale cui corrisponde una rettitudine morale senza pari ma che non restituisce quelle illusioni, perdute appunto, che un breve tempo della sua esistenza le avevano regalato.
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