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....Perché, ecco , lei era la’....
….” Perché ecco, lei era la’ “…
In una giornata di giugno del 1923 Clarissa Dalloway esce di casa, come sempre, ma per lei non è una giornata qualunque. Sta organizzando una festa, la sua festa, la sera stessa, con tanti invitati illustri.
E’ una donna graziosa, lieve e vivace, amante della vita, di Londra e di quel momento di giugno, una perfetta padrona di casa con un unico dono, quello di conoscere le persone quasi per istinto, non agendo mai semplicemente, ma sempre e soltanto per dare agli altri una precisa impressione.
Ecco un primo dilemma ed una ineccepibile verità, la sua profondità e diversità, rincorre il pensiero di ricominciare da capo, di essere invisibile, di passare inosservata, in quella … “ rigogliosa boscaglia “… che è la sua anima insieme a quel mostro bruto che subito dopo la sua malattia ha il potere di farsi dolore fisico e sabotare le gioie dell’ amicizia e la soddisfazione del benessere materiale, il semplice sentirsi amata ed abbellire la propria casa.
C’’ è una precisa immagine di se’, una donna di 52 anni, invecchiata ma non ancora vecchia, dall’ incarnato roseo, c’è la percezione che gli altri hanno di lei, dai più considerata un punto fermo, una donna che spesso ha dato conforto ad anime solitarie ed a qualche vita oscura.
C’ è una società invitata alla sua festa che vive di apparenza e consuetudine e che segue un’ onda del tutto personale e superficiale, considerandola puerile, snob, una donna ne’ seria ne’ buona, una fiera di vanità e di inganni.
C’è un flusso di coscienza, che fruga tra le proprie reminiscenze, un presente dal quale estraniarsi per tornare ad un tempo lontano, quando la propria vita è stata indirizzata verso la sicurezza coniugale del matrimonio con Richard rifiutando le lusinghe dell’ inconsistenza innamorata di Peter.
C’è un mondo insondabile, intimo, celato, persino a coloro che la conoscono e la amano più profondamente, ed un poco anche a se stessa.
Ogni giudizio si mostra mendace perché lei è semplicemente una amante della vita e riunisce le persone, come una offerta, possedendo quel dono.
In un presente di fatti ( l’ organizzazione della festa ) ed in un passato di reminiscenze, il proprio sentire si accosta a chi neppure sfiora ( fisicamente ), un reduce colpito dal trauma della guerra ( Septimus ) in una sofferenza e comunanza condivisa e tollerata, persino nell’ apparente atrocità di un gesto disperato ma comprensibile ( il proprio suicidio).
La festa ha inizio, e Clarissa, come sempre, in quel preciso istante, è una perfetta padrona di casa, stringe mani, dispensa sorrisi, tutto è stato fatto e costruito per quella serata.
Possiede un dono straordinario, del tutto femminile, il crearsi un mondo suo particolare ovunque si trovi. Entra in una stanza, …” si ferma sulla soglia della porta, circondata da tanta gente, ed è sempre lei a colpire; non è una donna fatale, nemmeno bella, senza nulla di originale, ne’ dice nulla di particolarmente intelligente. Eppure e la’’; ecco, e’ la “….
C’ è in lei … “ un soffio di tenerezza, una inesprimibile dignità, una squisita cordialità”… : come se, giunta sul limitare delle cose, ella …” si congedasse dal mondo intero, augurandogli ogni bene ”….
In una vita in cui ha ordito intrighi, rubacchiato, non è mai stata un carattere puro ed ha desiderato il successo, l’ amicizia ed infinite altre cose, per quanto pare incredibile
…” mai s’ era sentita tanto felice, nulla era abbastanza lento, nulla durava abbastanza a lungo. Ritrovare alla fine la vita al levar del sole, al declinare del giorno o, dopo essersi perduta per i meandri della vita ”…
Un romanzo colmo di voci, e di intimità, un flusso ininterrotto spazio-temporale che origina dalla essenzialità della trama per guidarci in universi paralleli, intrecci possibili, ipotesi e verità inoppugnabili, che possiede già respiro poetico, soavità e vicinanza al successivo capolavoro “ Gita al faro ”.
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