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“Il tiranno si nutre di ciò che biasima.” (IV. II.
L'inflessibile severità di un vicario caduto ipocritamente nello stesso “crimine” che si propone di punire; la testa ormai in bilico di un giovane condannato a morte per amore libero testimoniato dal ventre gravido della fidanzata; una lotta senza quartiere contro ruffiane e frequentatori di bordelli; l'onore di una novizia a rischio al fine di salvare la testa del fratello dalla scure del boia; la lungimirante astuzia e il buon senso di un capo di stato travestito da frate...
Sono questi i principali ingredienti di “Misura per misura”, assai divertente opera dei primi del XVII secolo con risvolti squisitamente da commedia, sebbene essa venga annoverata fra i drammi della vasta produzione shakespeariana. Avrebbe potuto benissimo recare anche il titolo “Tutto è bene quel che finisce bene”, rubandolo a un altro bel lavoro del Bardo, tanto viene spontaneo così commentare al termine di questo “dramma” ricco di gustosi guizzi e colpi di scena che contribuiscono a tenere piacevolmente deste l'attenzione e la curiosità di chi legge.
Giustizia per tutti e magnanima remissione dei peccati, anche per chi avrebbe meritato di essere giudicato (e giustiziato) sulla base dello stesso metro che riservava agli altri, inducono a plaudere all'autentico genio di Shakespeare che, attraverso l'ingegno di un personaggio come quello del Duca di Vienna, ribalta una situazione paradossale in cui, alla fin fine, tutti salvano qualcosa (chi la testa, chi l'onore) senza restare nel contempo nemmeno a mani vuote; persino chi era destinata al convento finisce per non farvi più ritorno rimorchiando inaspettatamente un marito (e che marito!) e i galeotti impenitenti trovano perdono e possibilità di vita nuova.
Non avrà certo il tenebroso ed enigmatico fascino di “Amleto” né quello romantico di “Romeo e Giulietta”, ma “Misura per misura” resta un piccolo capolavoro – e forse neanche tanto piccolo – dove, finalmente, non si disperdono copiose lacrime e dal profondo il cuore ringrazia perché, in verità, abbiamo tutti un disperato desiderio di umanità e buoni sentimenti.
“Chi vuole impugnare la spada del cielo,
dovrebb'essere non meno santo che severo;
fare di se stesso un esempio,
avere grazia per resistere e virtù per agire;
punire gli altri nella stessa misura
con cui valuta le proprie colpe.
Guai a lui, se i suoi colpi spietati uccidono
per delitti che egli stesso vagheggia!
[…]
Uomo, cosa non puoi nascondere
in te sotto apparenze angeliche?
Una buona reputazione costruita sul delitto
prospera nella prassi dei nostri tempi,
e la legge, tenue ragnatela, cattura i moscerini,
Ma i colpevoli di maggior peso la spaccano.”
[“Misura per misura”, III. I.]
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