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Le avventure di Oliver Twist
 
Le avventure di Oliver Twist 2017-11-28 21:25:39 La Lettrice Raffinata
Voto medio 
 
4.5
Stile 
 
5.0
Contenuto 
 
5.0
Piacevolezza 
 
4.0
La Lettrice Raffinata Opinione inserita da La Lettrice Raffinata    28 Novembre, 2017
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Oliver, io sono tuo... fratello!

Fin dai primi capitoli di “Oliver Twist” ho provato un forte senso di déjà vu, collegandolo immediatamente al capolavoro di Elizabeth Strout, “Olive Kitteridge”.
In effetti, entrambi i romanzi hanno per titolo il nome del protagonista (nomi molto simili, tra l’altro), ma ad associarli idealmente non è solo questo; se da un lato è chiaro che le trame hanno ben poco in comune, dall’altro le strutture sono quasi identiche: in entrambi i casi i protagonisti vengono spesso messi da parte in favore dei comprimari e delle loro vicende, rimanendo sempre il fondamentale collante tra tutti gli eventi. Come capitava con l’anziana insegnante di Crosby, nel Maine, anche la storia di Oliver è costellata di moltissimi personaggi, le cui relazioni risultano nella gran parte dei casi ben più approfondite e, quindi, interessanti rispetto a quelle del protagonista.
Con uno stile narrativo che ricorda molto una cronaca giornalistica (e, in effetti, in quel periodo Dickens ancora lavorava come cronista), ci viene narrata la storia del piccolo Oliver, dalla nascita in un ospizio per indigenti fino alla scoperta delle sue vere radici, in un viaggio che permette al lettore di addentrarsi negli anfratti più oscuri della fumosa Londra di inizio ottocento.
La vita del nostro protagonista è inizialmente tutt’altro che idilliaca: dopo i primi anni in cui “grava” sulle spalle della parrocchia, lo attende infatti l’apprendistato presso un becchino; a dispetto dell’indole docile e gentile, Oliver si vede costretto a fuggire verso l’affollata capitale, dove incontra Dodger che lo introdurrà poi all’infido Fagin e alla sua banda di giovanissimi ladruncoli.
Ancora molte prove attendono poi Oliver nel suo inconsapevole cammino verso la verità; anche se tra le tante sofferenze, si fa via via evidente un disegno più ampio e l’autore, come un fato sovrano, guida i destini dei suoi personaggi.
A partire dal protagonista, ogni figura presente nel romanzo è descritta in modo accurato: specialmente nei dialoghi si evidenzia come Dickens abbia scelto di caratterizzare ogni personaggio con un linguaggio personale e perfettamente congruo con la sua estrazione sociale e la sua indole.
Tra tutti i personaggi spicca, quasi fosse la vera protagonista, Londra, con i suoi sobborghi caotici che hanno da tana (non è lecito parlare di casa, in questi casi) ai peggiori delinquenti. In buona parte delle sue opere, Dickens pone al centro questa città e ce ne regala delle suggestive descrizioni capaci di renderla affascinante e minacciosa al contempo.
Con una così vasta schiera di personaggi non è facile sceglierne uno come preferito ma posso affermare che, dopo una lunga sfida con Dodger, è stata Nancy ad aggiudicarsi l’ambito (?) titolo. Ho trovato particolarmente interessante la sua relazione con Sikes, sia nei risvolti più tragici e violenti -dove l’autore tocca inconsapevolmente temi molto attuali-, sia in quelli sentimentali come nella straziante dichiarazione che la donna fa a Rose, personaggio al confronto pare sciapo e prevedibile.
Doveroso menzionare anche lo sfaccettato Fagin, con il quale si empatizza a dispetto della condotta, arrivando alla pietà per la sorte riservatagli. In generale, gli antagonisti sono meglio caratterizzati e, anche dopo tanti crimini, diventano i favoriti del lettore.
Le tematiche trattate sono ricorrenti nell’opera dickensiana; in particolare qui si fa luce sull’ipocrita perbenismo delle parrocchie di campagna e sulla sommarietà della giustizia nei primi anni del diciannovesimo secolo, mantenendo sempre un tono fortemente satirico ed ironico, che aiuta ad alleggerire molte volte la tensione. Sono palesi anche i riferimenti autobiografici alla difficile infanzia di Dickens stesso.
Per una volta non intendo lamentarmi dell’edizione targata Newton Compton, anzi la scelta di affidare la traduzione e l’introduzione alla stessa persona ha reso entrambe molto curate.

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Bella recensione. Non ho letto questo libro (ma conosco "Olive Kitteridge").
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