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Vivere è come essere già morti
In questa raccolta di racconti Joyce ripercorre le tappe fondamentali dell'esistenza umana, dall'infanzia alla vecchiaia, passando per l'adolescenza e la maturità e concludendo, inevitabilmente, con la morte. Storie di malattia, abuso di alcool, sottomissione, violenza domestica, miseria, lussuria, soprusi. Sullo sfondo una città ambigua ed affascinante, la Dublino a cavallo tra diciannovesimo e ventesimo secolo, con i suoi vicoli ciottolosi, le sue birrerie ed i suoi singolari abitanti. I protagonisti, tutti riconducibili al ceto medio irlandese di inizio Novecento, rappresentano una carrellata di personaggi chiusi nel recinto di una esistenza monotona, incapaci di andare oltre ciò che concerne i bisogni basilari e le consuetudini di ogni giorno. In altre parole, gente che vive pur essendo già morta. "Meglio, del resto, trapassare baldanzosi nell'altra vita, nel pieno della passione, che appassire e svanire a poco a poco nello squallore degli anni". Qualcuno tenta di riscattarsi da questa squallida condizione, scontrandosi tuttavia contro un muro invalicabile che lo costringe ad arrendersi mestamente. Altri preferiscono non provarci nemmeno e arrendersi in partenza al loro ignobile destino, cercando illusorie ed evanescenti consolazioni in piccoli e futili gesti quotidiani. Lo stile è semplice e scorrevole e, ad una lettura distratta e superficiale, gli episodi narrati possono apparire banali e insignificanti. Tuttavia il loro significato va cercato tra le righe, tra sottintesi, metafore e finali che lasciano spazio all'immaginazione. Le storie sono completamente slegate tra loro, eppure le accomuna il fatto di essere tutte parte di un unico grande atto di denuncia dell'autore nei confronti della società e dei valori sui cui si erge. In particolare Joyce sembra puntare il dito contro la politica e la religione, cause principali della paralisi che affligge l'uomo, fonti di oppressione morale, spirituale e materiale da cui la gente comune non ha alcuna possibilità di liberarsi. Non c'è speranza, non c'è salvezza, non ci sono vie d'uscita. La vita è una gabbia che tiene l'uomo imprigionato in attesa della morte. Ma vivere in balìa di una simile esistenza non equivale ad essere già morti?