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50 Shades of Mr. B
A chi crede che la James abbia sconvolto il mondo della letteratura con la famosa trilogia erotica “Cinquanta sfumature”, consiglio di dare una chance a “Pamela” per potersi ricredere. Oltre 250 anni fa, Richardson già scriveva di padroni tiranni alla ricerca di serve per soddisfare i propri sordidi desideri, con tanto di contratto da “mantenuta” proposto alla fanciulla in questione.
Ad evidenziare la differenza tra i due romanzi (almeno in questo aspetto, per il resto non c'è confronto) sono principalmente le protagoniste femminili: da un lato abbiamo una giovane donna cedevole e sottomessa, pronta a sottoscrivere un accordo a dir poco umiliante solo per poter mantenere la relazione con l’amato, dall’altro una ragazza che a dispetto dell’età e dei miseri mezzi a sua disposizione non si lascia persuadere e non scende mai a compromessi contrari alla sua morale. Dovrebbe far riflettere che la seconda sia Pamela, creata dalla penna di Richardson nel lontano 1740.
Il romanzo narra le vicende di una giovane di bell’aspetto, innocente ed ingenua, che involontariamente attira le attenzioni del nobiluomo presso cui lavora come domestica. Il libertino signor B. tenta con ogni mezzo di sedurre Pamela, prima con dei doni all’apparenza disinteressati, poi con un rapimento dalla pianificazione diabolica, dopo ancora con l’audace proposta di diventare la sua amante fissa dietro laute gratificazioni materiali ed infine con il progetto di un finto matrimonio.
Grazie all’aiuto di alcuni fedeli amici ed al suo inaspettato coraggio -che tiene ben nascosto dietro un temperamento dolce-, Pamela riesce a svincolarsi da queste trame ed ottenere alla fine la giusta ricompensa per la sua virtù.
Seppur molto diluita nelle oltre 600 pagine del volume, la vicenda è costellata di ostacoli che metteranno a prova l’indole della protagonista; come già accennato, Pamela riesce a farsi valere, a dispetto dei continui pianti e svenimenti, ed ad imporsi con carattere, rimanendo comunque onesta ed educata. La sua capacità di dire e, soprattutto, scrivere cosa pensa degli altri personaggi fornisce al lettore una visione parecchio critica rispetto alla classe nobiliare dell’epoca; visione con ogni probabilità propria dell’autore.
Gli altri personaggi ci vengono presentati sempre filtrati dalle parole e dalle emozioni di Pamela, quindi in un’ottica molto soggettiva. Questo comporta delle descrizioni a dir poco altalenanti, a partire dal signor B. che passa dall’essere un vile e crudele manipolatore, a un munifico e cortese gentiluomo; la stessa cosa vale per Lady Davers, monsieur Colbrand e la signora Jewkes, per citare i casi più evidenti.
Il romanzo si struttura in due parti: la prima è composta inizialmente dalle lettere scambiate tra Pamela e suo padre, per poi continuare con il diario della protagonista rivolto sempre ai suoi genitori; nella seconda si ha la continuazione del diario, nel quale sono spesso riportate altre missive. Rispetto alla prima, la seconda parte risulta più lenta e prevedibile, almeno fino all’entrata in scena di Lady Davers, ma concede ampio spazio al divertente personaggio di Sir Simon.
Per le tematiche trattate e per le caratteristiche della protagonista, quello che per noi oggi è un romanzo bigotto e morigerato, nel ‘700 era ritenuto innovativo, tanto originale da guadagnarsi parodie e plagi.
Lo stile di Richardson è abbastanza scorrevole, seppur le frequenti ripetizioni tendano ad appesantire la lettura. Da ammirare la fedeltà al registro narrativo scelto, resa forse più agevole dai trascorsi lavorativi dell’autore.
L’edizione italiana di Mondadori presenta un’ottima traduzione, nonché un’introduzione molto utile al fine di ottenere un quadro generale sulla genesi del romanzo. Consiglio di sbirciare anche la biografia dell’autore, mentre la lettura della sezione “Contenuti” è assolutamente da evitare per non incorrere in spoiler.