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L'Italia spiegata ai francesi
L’ambientazione, la splendida penisola italiana. I temi trattati, storie d’amore, intrighi politici e noti casi giudiziari. Tra i personaggi fanno la loro comparsa Conti e Giletti, Grillo e Bossi. A dispetto delle apparenze, non parlo di qualche famoso talk show televisivo, ma de “La Certosa di Parma”, forse l’opera più nota di Stendhal.
Incredibilmente scritto in meno di due mesi (e a tratti, il testo ne risente), il romanzo narra la storia del nobile Fabrizio del Dongo, partendo da alcuni anni prima della sua nascita, quando l’esercito di Napoleone calò sulla Lombardia, con immenso dolore per il marchese suo padre.
Fabrizio è guidato invece da ben alti ideali, tanto da scappare di casa per unirsi alle truppe francesi; decisione che sarà poi la causa scatenante della maggior parte degli eventi più importanti della sua vita, come la spinta data ad una fila di tessere del domino.
Le conseguenze di un gesto impulsivo compiuto in giovane età, porteranno Fabrizio a viaggiare un po’ in tutta Italia, divisa all’epoca in principati, regni e territori sotto il controllo di potenze straniere. Questo da un lato permette all’autore, almeno una volta per capitolo, di soffermarsi per chiarire ai suoi conterranei qualche “bizzarria” italica, ma dall’altro concede al lettore di ammirare le accurate descrizioni delle superbe ambientazioni che fanno da sfondo alle vicende, in primis i suggestivi laghi della Lombardia.
Negli anni, Fabrizio verrà perseguitato dai suoi errori e anche da una buona dose di sfortuna, ma senza cambiare molto fino al fatale imprigionamento nella torre Farnese, luogo in cui il suo carattere muterà sensibilmente: da giovane impulsivo e focoso, a uomo adulto in grado di scindere tra veri desideri e frivoli capricci.
Quello dei desideri è un punto focale in tutto il volume, perché la maggior parte dei personaggi è guidata da essi, spesso a discapito del prestigio materiale o del denaro.
Ad attorniare il protagonista troviamo infatti una ricca schiera di altri personaggi, di cui solo i principali sono attentamente caratterizzati, mentre gli altri risultano per lo più macchiettistici. In confronto ai personaggi maschili, quelli femminili sono poi i più interessanti, nonché quelli analizzati in modo maggiormente accurato. Tra tutti, brillano la duchessa Sanseverina e Clelia Conti, sebbene Stendhal non tralasci di riservare spazio per un’intrigante antagonista come la marchesa Raversi.
La Sanseverina è di certo una vera Drama Queen, sicura del suo potere, specie sul genere maschile, e sempre pronta a farne uso per il suo tornaconto. Nonostante la sua frivolezza e le tante azioni non proprio encomiabili, risulta a conti fatti il personaggio più divertente e, a mio avviso, la si potrebbe pensare la vera protagonista.
Anche Clelia ricopre un ruolo fondamentale, sebbene la sua assenza per buona parte del romanzo renda arduo per il lettore affezionarsi a lei. Ho trovato abbastanza emozionante la sua relazione con Fabrizio, specie negli ultimi capitoli: inizialmente la loro storia mi ha portato alla mente alcuni moderni romance, con un lui bello, dannato e in genere donnaiolo incallito, che viene “redento” da una lei ingenua, pia e solitaria.
A discapito dell’opera, oltre la solita edizione Newton Compton di bassa qualità (traduzione datata, errori di mancata revisione, assenza di note esplicative), vorrei segnalare soltanto come le parti descrittive risultino molto inferiori alle poche dialogate, fatto che rende un po’ ostica la lettura.
Altra nota dolente, sebbene si tratti di un mio gusto personale, è il frettoloso finale in cui viene citato, a ragione, Shakespeare: dopo una lunga commedia, si termina con un vero dramma.