Dettagli Recensione
Top 500 Opinionisti - Guarda tutte le mie opinioni
Per dare un senso a ciò che un senso non ce l'ha
L’insensatezza delle passioni che offusca la vista e fa precipitare verso il baratro. L’inconsapevole pulsione autodistruttiva che inspiegabilmente attrae e soggioga l’anima. La trappola dell’orgoglio, dell’onore, dei codici e delle convenzioni che impediscono di fermare la corsa verso la catastrofe, anche quando essa è sempre più evidente. La salvezza non è in noi ma negli altri e può arrivare solo se abbiamo la fortuna di guardare oltre e di cogliere lo sguardo d’amore posato su di noi.
“Il generale D’Hubert ebbe il secondo di tempo necessario per ricordare che egli aveva temuto lo spettro della morte non come uomo, ma come amante; non come un pericolo, ma come un rivale; non come un nemico della vita, ma come un ostacolo al suo matrimonio.”
Come in tutte le opere di Conrad, anche questo lungo racconto o romanzo breve (130 pagine) è pervaso dal mal di vivere. Pur mancando l’atmosfera dei mari esotici e delle terre lontane (siamo in Europa durante l’ascesa e caduta di Napoleone), ritroviamo la stessa febbre, la stessa corsa verso l’abisso, la stessa lotta contro lo spirito animale nascosto nelle nostre viscere e che vuole nutrirsi del nostro stesso sangue.
Non ingannino le differenze sociali, perché in modi diversi si tratta di una febbre che colpisce tutti, l’aristocratico, settentrionale e ben educato D’Hubert, come l’irruento, “terrone” e plebeo Feraud. Non conta chi ha provocato e chi non ha saputo resistere alle provocazioni: l’uno ha bisogno dell’altro per sentirsi vivo e... per dare un senso a ciò che un senso non ce l’ha.
Semmai il diverso ambiente e le diverse risorse economiche e culturali consentono una diversa gestione di queste pulsioni, conducendo infine a sbocchi diversi.
Leggere Conrad non è mai stato piacevole per me, e questo basta per non annoverarlo tra i miei preferiti, eppure sono attratto dalle sue opere con la stesso insensato gusto per il male che domina i protagonisti delle sue storie.
“I duellanti”, è ispirato ad un articolo pubblicato su un giornale, nel quale si ricordava la vicenda di due ufficiali napoleonici che nel corso di vent’anni si sfidarono a duello svariate volte per futili motivi, che rimasero avvolti nel mistero.
Nel 1977 Ridley Scott ci ha girato un film cupo e tenebroso, che tiene lo spettatore incollato alla sedia, interpretato da Harvey Keitel (Feraud) e Keith Carradine (D’Hubert) sostanzialmente fedele al romanzo ma tutto focalizzato sulla virile contrapposizione tra i due personaggi e sul parallelismo con la rapida ascesa e caduta del parvenu di Ajaccio, escludendo gli aspetti che, soprattutto nel finale, rendono l’opera di Conrad un po’ più ricca e poliedrica.
2017 -1977 (film) - 1907 ((romanzo): per chi sente il fascino degli anniversari, un'occasione perfetta per celebrare i 40 anni del film e i 110 del libro. Poi magari potete giudicare quale dei due è più in forma... :-)
Indicazioni utili
Commenti
4 risultati - visualizzati 1 - 4 |
Ordina
|
Un saluto
Su Napoleone, sai che non so? Non mi sono mai più posto il problema dopo i tredici anni credo. Prima, era impossibile non subirne il fascino: ho fatto in tempo a frequentare la vecchia scuola elementare in cui la maestra ti faceva i santini dei vari Giulio Cesare, Napoleone, Garibaldi, etc.
Un saluto
4 risultati - visualizzati 1 - 4 |
proprio oggi in macchina con mia sorella riassumevo la mia ultima lettura: Conrad "La follia di Almayer" e parlandone a lei mi rendevo conto che non ho provato in fondo piacere nel leggerlo ma che sarei stata proprio una sciocca a perdere la lettura della sua opera di esordio. Insomma mi ritrovo nelle tue parole, lo considero un grande narratore quando dipinge il malessere nei suoi personaggi anche se in poche pagine all'interno di romanzi più corposi e che non sempre tengono desta l'attenzione. Penso pertanto che andrò a scoprirne tutta l'opera compresa questa da te segnalata.Il periodo storico poi mi solletica, penso sempre che sarei stata un'accesa antinapoleonica!