Dettagli Recensione
Top 50 Opinionisti - Guarda tutte le mie opinioni
Il colore del peccato
Quest’oggi possiamo ammirare l’ennesimo classico, in questo caso della letteratura statunitense, bistrattato da un’edizione targata Newton Compton. Per quanto riguarda la traduzione, essa è come al solito datata ed inoltre si è scelto di tradurre anche i nomi dei personaggi: logicamente stona un po’ sentir parlare di Ruggero Chillingworth, per esempio. A penalizzare l’edizione contribuisce anche l’introduzione, che a mio avviso può essere salta a piè pari; non solo spoilera l’intera trama, ma risulta anche troppo citazioni sta e decisamente inconcludente.
La storia di per se non è certo ricchissima di eventi, anzi si può dire che la narrazione, pur coprendo un arco di circa sette anni, si focalizzi soltanto su alcuni momenti fondamentali.
A grandi linee, la trama è parecchio nota: la giovane ed avvenente Ester Prynne viene pubblicamente smascherata come adultera, quando partorisce la piccola Perla mentre il marito viene considerato disperso in mare. La comunità salemiana, molto tradizionale e religiosa, decide di punire la donna con una lettera “A” in tessuto rosso da portare a vita cucita sul corpetto.
Il punto focale del romanzo si può quindi individuare nei protagonisti e nella loro caratterizzazione. A spiccare è logicamente la figura di Ester, di cui Hawthorne esalta lo spirito coraggioso ed indipendente, soprattutto nell’ottica delle dure prove che la donna è chiamata ad affrontare per crescere al meglio la figlia; il carattere di Ester è messo in luce anche nel confronto con la malvagità abnorme di Chillingworth e con la debolezza che Dimmesdale sembra incapace di affrontare.
Oltre alla protagonista, anche gli altri personaggi ottengono sufficiente spazio, in particolare sulla relazione tra il pastore ed il medico: Chillingworth avverte istintivamente che Dimmesdale nasconde un segreto nel cuore ed attua nei suoi confronti una tortura quasi di tipo psicologico per scoprirlo, situazione che ricorda per certi versi la persecuzione della Creatura ai danni di Victor in “Frankenstein” (QUI la recensione).
Ad essere essenziale per lo sviluppo del rapporto tra Ester e Dimmesdale è invece Perla che, per merito del suo animo sensibile, riesce a comprendere appieno il veri animo delle altre persone.
Il personaggio più divertente è invece la vecchia Hibbins, che riunisce in se tutte le antiche superstizioni sulle streghe. Allo stesso modo, l’autore da’ abilmente voce ai pensieri più bassi e detestabili del popolo, sempre pronto a giudicare ed additare i peccatori.
Per introdurre il romanzo, Hawthorne adotta un metodo già utilizzato da Manzoni ne “I promessi sposi”: inscena il ritrovamento della stoffa che un tempo fu la celebre lettera scarlatta, corredata da un manoscritto con l’intera storia. Per questa introduzione, l’autore è stato aspramente criticato, specialmente a causa dei riferimenti a dei compaesani dell’autore, probabilmente non troppo lieti di vedersi famosi loro malgrado.
Lo stile di Hawthorne varia durante la lettura: se nella prima parte si evidenzia una curiosa ironia (o auto-ironia nel caso dell’introduzione) che ricorda molto il contemporaneo Dumas, continuando il tono si da via via più cupo, collegato in special modo alla distruzione del personaggio di Dimmesdale.
Segnalo infine i moltissimi riferimenti biblici e gli ancor più numerosi paragoni tra l’epoca dell’autore e il periodo in cui è ambientato il romanzo.