Dettagli Recensione
Libertà
Il racconto, suddiviso in quattro capitoli, estremamente conosciuto all’epoca della sua pubblicazione presso Harper a soli 25 centesimi la copia, con tiratura settimanale di ventimila copie, divenne una sorta di novella molto popolare, nota negli ambienti degli americani trapiantati in Europa, anche perché originata da un caso realmente accaduto.
Si descrive in sostanza il comportamento di una ragazza, il suo nome concorse poi a definire, per un certo periodo, addirittura il cliché della civetta, della scostumata perfino. È Daisy Miller. Da lì parte Henry James con l’intento di giocare nuovamente al tema suo prediletto: l’ambiguità. Tutta la novella è tesa a rappresentare il comportamento di Daisy secondo il filtro del perbenismo e della morale condivisa, lei attraversa il palcoscenico, recita la sua parte e non sente i fischi raggiungerla da una platea condizionata dal ben pensare. Il coprotagonista, l’americano Winterbourne, grazioso connazionale allevato nella calvinista Ginevra, le fa da spalla. È un uomo ammaliato, affascinato, rapito dalla bellezza di Daisy ma gira come una trottola in balia del suo sentire, del veto della zia che non ama i nuovi e sguaiati ricchi americani, un’onta trapiantata nel caro Vecchio Continente, a sporcare quasi l’immagine del vero ricco. È vittima inoltre, lo sciocco, anche degli ambienti romani dove si sposta successivamente l’azione e infine anche dei suoi pregiudizi.
Il sipario cala sulla protagonista che tiene scena fino all’ultimo, mentre Wintheborne appare a fine spettacolo in un fuori scena imbarazzante a chiedersi che ne è stato della rappresentazione, se è finita davvero e che fine ha avuto.
Oltre l’incantevole ambientazione svizzera della prima parte, il lago di Ginevra e il castello di Chillon, il resto mi ha annoiata senza conturbarmi più di tanto, la lettura scorre veloce ma non si imprime.