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Lo Streben e il nichilismo
Il Faust è un poemetto drammatico pubblicato nella versione definitiva nel 1831. Quest’opera consacrò Goethe come il più importante autore della letteratura tedesca, nonché uno dei più rilevanti di quella mondiale. Alla sua composizione il poeta attese per circa sessant’anni, dunque il poema rispecchia il pensiero in evoluzione di Goethe di pari passo con l’avanzare dell’età. Thomas Mann ha sottolineato come la prima parte dell’opera, che è stata interessata dalle prime due fasi del processo compositivo, rifletta il poeta ancora studente, dunque i suoi istinti e le sue stesse storie giovanili, come quella con Margherita; la seconda parte, composta successivamente nella terza e ultima fase, riflette invece la maturazione e la vecchiaia di Goethe, la cui prospettiva tende quindi ad allargarsi.
Appartiene alla seconda fase il Prologo in cielo che, inserito nella parte iniziale, contribuisce ad innalzare il significato ultimo dell’opera, dando inizio al distacco dalla fase iniziale e preparando il trapasso all’universalità e alla maggiore profondità della seconda parte. In questa sezione infatti avviene un dialogo in cui il diavolo Mefistofele sfida Dio, che non si degna di rispondere a tono alla sua provocazione: l’oggetto del contendere è l’anima di Faust, che come tutti gli uomini “erra finché desidera”. E’ questa la cornice a cui si riallaccerà poi il finale del dramma.
“Somiglia la vita a questo poema:
ha un principio e una fine,
eppure non è un tutto.”
La storia riprende un personaggio di lunga e importante tradizione nella letteratura europea, quello del dottor Faust, uno studioso che vende la sua anima al diavolo in cambio della soddisfazione della sua infinita sete di conoscenza. Essenziale è quindi il rapporto che intercorre tra i due protagonisti, Faust e Mefistofele, che incarnano due aspetti sempre coesistenti dell’uomo. Faust è un uomo edotto in ogni disciplina ma sempre insoddisfatto per l’insufficienza del suo sapere; egli è annoiato dalla vita poiché cerca un infinito che gli è precluso dalla sua stessa natura umana.
“Il filo del pensiero è rotto.
Qualunque sapere, e da quanto, mi nausea.
Desideri che bruciano, calmarli
in fondo alle libidini.
[…]
Precipitiamoci nel fremito del tempo,
nel roteare degli eventi!
Allora dolori e piaceri,
successi e delusioni
s’avvicendino pure, come capita.
Solo se non ha requie l’uomo impegna se stesso.”
Quando pertanto fa la sua comparsa il diavolo Mefistofele a tentarlo per avere la sua anima, Faust è inevitabilmente attratto dalle sue ammalianti proposte di scoperta e piaceri infiniti, dunque accetta il patto con lui. In seguito Faust diventa un giovane cavaliere che invecchia poi nel corso del lungo dramma. Mefistofele, connotato dalla sua signoria sul repellente, sull’orrido, sullo sporco, incarna il negativo, ovvero la concezione del nichilismo: “Sono lo spirito che sempre dice no. | Ed a ragione. Nulla c’è che nasca | e non meriti di finire disfatto. | Meglio sarebbe che nulla nascesse.” E’ un personaggio votato alla distruzione e al disfacimento, alla ricerca del male. Ciò è reso ben evidente dalla sapiente costruzione di esso messa in atto da Goethe. L’autore, non rinnegando l’esistenza di questa parte sudicia nell’animo umano e nel suo stesso animo, vi si approccia con un atteggiamento di ironia: Thomas Mann ha evidenziato come quest’ironia sia segno del distacco critico con cui il poeta era in grado di analizzare lucidamente se stesso e la natura umana. I due parlano lingue differenti, hanno punti d’osservazione sull’uomo e sulla vita differenti, tanto che non lesinano reciproco sarcasmo. E’ l’interazione di Faust e Mefistofele, dello Streben e del nichilismo, del divino e del diabolico, dunque, a conferire vitalità all’opera e a garantirle quell’universalità che ne fa uno dei più importanti capolavori della letteratura mondiale.
Nel personaggio di Faust, sebbene costui parta come vecchio, Goethe riflette evidentemente se stesso. In particolare, nella prima parte dell’opera, informata dallo spirito dello Sturm und Drang, il poeta narra implicitamente vicende della sua vita da giovane, le sue passioni, i suoi amori, la sua ricerca di libertà, la curiosità verso il mondo e la scoperta dei piaceri. Emblematica di ciò è la storia con Margherita, che trova un corrispettivo diretto con la vita dell’autore; si tratta di un amore prettamente giovanile, caratterizzato dal vivace contrasto tra una sensualità soffusa e un sentimento puro, tra la bellezza attraente e la bellezza a tratti sacrale. Margherita è quindi un personaggio connotato da una manifesta verecondia e da una latente passionalità, il che genera l’impressione di un personaggio verosimile, una ragazza d’estrazione umile sorpresa dal corteggiamento di uno studente istruito, quale era Goethe ai tempi della storia d’amore. La loro storia comunque finisce male per la fanciulla.
Nella seconda parte dell’opera, quindi, Goethe estende il suo sguardo e, abbandonando l’autobiografia, punta a costruire un personaggio che rispecchi l’uomo contemporaneo, l’uomo moderno. Ecco dunque che Faust diviene simbolo dell’inquietudine romantica, dell’uomo volto vanamente e titanicamente alla ricerca dell’infinito, in costante tensione verso la scoperta di piaceri e obiettivi sempre più alti. Goethe cerca dunque la conciliazione dell’uomo moderno con l’universo classicistico: il romantico Faust seduce e si innamora della mitica Elena, tradizionale paradigma della bellezza. Nell’Elena di Goethe rivivono le suggestioni poetiche di Omero, di Saffo, di Euripide; si tratta di una donna emblema del bello e della seduzione, una donna dai tratti quasi divini, ben lontana dall’umanissima Margherita. Il loro amore, da cui nasce anche un figlio, Euforione, assume i connotati del magico, sfuma nella dimensione del viaggio onirico, al termine del quale, dopo l’assunzione in cielo di Elena ed Euforione, Faust rimane svuotato. Egli è invecchiato, è rimasto solo coi ricordi, con la sua natura umana e con la sua scommessa col diavolo; ha capito che il vero unico bene dell’uomo è vivere l’attimo.
“Passato! Una parola sciocca.
Perché passato?
Passato e puro nulla sono la stessa cosa!
A che pro dunque l'eterno creare!
Per far sparire il creato nel nulla
«È passato!» Che senso si ricava?
È come se non fosse stato affatto,
eppure gira in tondo, come fosse.
Per me io preferisco il Vuoto eterno.”
Mefistofele crede quindi di aver vinto, vedendo l’uomo sconfitto dal tempo, ma all’ultimo Faust è salvato insieme allo spirito di Margherita da Dio e dagli angeli per la sua costante aspirazione all’infinito. Il finale segna dunque la vittoria di Dio su Mefistofele, del bene sul male, dello Streben e del titanismo sul nichilismo, dell’uomo sull’umanità.