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Racconti di Pietroburgo
 
Racconti di Pietroburgo 2017-05-24 20:58:46 bluenote76
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bluenote76 Opinione inserita da bluenote76    24 Mag, 2017
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Tra sogni e fantasmi, ecco l'inquietante Pietrobur

“Da sotto le falde del Cappotto di Gogol sono usciti tutti gli scrittori russi della seconda metà dell’Ottocento”.
Così Dostoevskij riassunse la portata rivoluzionaria dell’opera di Gogol', che ha dato inizio a una nuova stagione della letteratura russa. È lui che ha chiuso i conti con il filone letterario classicheggiante e poetico dominante inaugurando quella che i critici hanno definito la 'stagione del realismo letterario'. Quanto Gogol' fosse cosciente di ciò non è facile a dirsi; la sua personalità e il suo estro creativo si espressero in modo contraddittorio, a tratti estremamente critico e travagliato. Le crisi di cui fu vittima fino al momento della morte testimoniano la dolorosa consapevolezza di vivere un momento di passaggio. Dall’analisi delle opere e delle lettere è emersa la profonda difficoltà nel conciliare il suo essere uomo con l’essere scrittore. Il suo sguardo alla vita a tratti mite, caritatevole, ispirato alla misericordia cristiana, altre volte risultò cinico, satirico, lucido nel cogliere le contraddizioni dell'esistenza. Questo è lo sguardo che si ritrova anche nei Racconti di Pietroburgo, scritti tra il 1835 e il 1842. Pur nella loro caleidoscopica varietà, i testi sono accumunati dall’ambientazione, la magica Pietroburgo dove l’autore trascorse gran parte della vita e che gli ispirò alcune delle pagine più sofferte della sua produzione. Nella capitale lo scrittore cercò con tutto se stesso di fare carriera come impiegato per poi sviluppare un’ottica distaccata e sprezzante verso il mondo piccolo-borghese che con furia di scrittore dipinse. Pietroburgo è protagonista di tutti i racconti; insieme ai personaggi è cangiante, a volte li accoglie con le sue bellezze, altre li respinge e li condanna a un destino infelice. Talvolta la città è descritta con rapide pennellate, ma più frequentemente l’autore le dedica uno spazio da primo attore. Si legga la descrizione della Prospettiva Nevskij che inaugura il racconto omonimo per rendersene conto: poesia che non cede il posto al puro descrittivismo. La scrittura è possente e si incarna in immagini concrete; Pietroburgo non è sfondo, è presenza viva sulla scena dei racconti gogoliani.
I cinque testi (La Prospettiva Nevskij, Il naso, Il ritratto, Il cappotto, La carrozza, Diario di un pazzo) sono uniti soprattutto da quello che è l’elemento di forza della scrittura dell’autore russo: l’osservazione e il racconto della vita per ciò che essa è. Quello che i critici degli ultimi due secoli hanno messo più in luce della rivoluzione di Gogol' è il suo approdo al racconto realistico. Rispetto alla narrativa precedente basata sulla rapidità dell’avvenimento, sul colpo di scena, sul procedimento dell’avventura, i Racconti di Pietroburgo si costruiscono sull’osservazione del quotidiano, dell’ordinario, si può dire che hanno il ritmo dell’esistenza stessa. Da qui l’idea di parlare della Russia attraverso gli antieroi, “gente senza lustro”, impiegatucci che faticano per comprarsi un cappotto nuovo, barbieri ubriachi, piccoli mercanti e rigattieri che speculano, nobili di provincia decaduti e proprietari terrieri ansiosi di migliorare la loro posizione in società: i personaggi sono sconfitti o prigionieri del proprio status. Il singolo in Gogol' è solo di fronte alla vita oppure è oppresso perché parte di un gruppo da cui non riesce a uscire. Di tutti i racconti quello che è stato salutato con maggiore entusiasmo, già nell’Ottocento, è Il cappotto proprio per la sua capacità di descrivere l’ordinario squallore della vita di un uomo comune e per la profondità con cui l’autore riflette i suoi rapporti con ciò che lo circonda. È un racconto commovente, stilisticamente perfetto, un meccanismo che funziona su quel poco di trama sui cui si regge: a dargli forza è la potente osservazione dell’animo umano.
Ma i racconti di Gogol' non sono solo realismo come parte della critica contemporanea all'autore li considerò banalizzandoli. Accanto alla descrizione piana della vita dell’uomo qualunque emerge un’altra dimensione: la mancanza di senso e l’assurdità della vicenda raccontata ne Il naso, il mistero e il surreale de Il ritratto, lo sguardo estraniato del Diario di un pazzo, la satira pungente della Prospettiva Nevskij. Dietro l’ordine esteriore e il grigiore ecco che emerge, prepotente, il caos dell’esistenza. In tutte le pagine gogoliane si esprime la forza dirompente della sua invenzione, quella potenza linguistica e stilistica che pochi scrittori hanno e che diventa prosa viva. Completata la lettura, resta un senso di immersione totale nell’universo raccontato e, come in una magia, vi sembrerà per un attimo di essere sulla Prospettiva Nesvkij, lanciati all’inseguimento di belle signorine al passeggio, oppure crederete possibile che un naso si pavoneggi in uniforme, mentre gira indisturbato per la città.

È semplice fantasia? Si, in parte. Sicuramente c’è bisogno di quella che Coleridge chiamava “sospensione dell’incredulità”. Ma è sorprendente come, pur nella loro sfolgorante follia, questi racconti risultino più veri della vita quale essa comunemente ci appare.

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