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Gioco metafora di vita
Avevo un certo pregiudizio nei confronti di quest’opera, dovuto alle recensioni lette qua e là: un’opera minore, scritta di fretta per non cedere al “ricatto” di un editore, che in mancanza della suddetta, avrebbe potuto pubblicare, per nove anni e senza pagarne i diritti, tutte le opere di Dostoevskij.
Protagonista e voce narrante è Aleksej Ivanovic, precettore dei figli minori di un Generale russo, ormai caduto in disgrazia, divorato dai debiti e dalle figure che gli stanno intorno. Aleksej è innamorato di Polina, figliastra del Generale e, sarà proprio l’amore verso quest’ultima a portarlo alla rovina, materiale e morale. Il suo avvicinarsi alla roulette e al gioco non è che una conseguenza del suo volersi innalzare ai suoi occhi, del suo voler essere il salvatore della fanciulla. Essa infatti è tenuta in scacco dal marchese De Grieux, creditore della famiglia.
…"prendete questi settecento fiorini e andate a giocare, vincete per me alla roulette quanto più potete; ora i quattrini mi sono necessari, costi quel che costi."
(…)"Dopo l’ordine di andare alla roulette era come se avessi ricevuto una botta in testa. Strano affare:avevo di che riflettere e invece sprofondai completamente nell’analisi dei sentimenti che provavo per Polina. Era vero, mi ero sentito più a mio agio in quelle due settimane di assenza che in quel momento, nel giorno del mio ritorno, benché in viaggio fossi impazzito dalla nostalgia, avessi corso come un ossesso e fossi arrivato al punto di vederla davanti a me ogni minuto."
Forse più che la fortuna al tavolo da gioco, nella prima parte del romanzo, tutti aspettano la morte della vecchia nonna, per ereditare la sua fortuna e modificare radicalmente le loro sorti: il Generale potrebbe, finalmente, sposare M.lle Blanche e ripagare tutti i suoi debiti, Polina liberarsi di De Grieux…ma la nonna lungi dall’essere moribonda fa la sua comparsa a Roulettenburg, con tanto di servitù al seguito. E sarà lei stessa a sperimentare il brivido tipico del giocatore, quell’adrenalina crescente ad ogni nuova puntata, quell’attesa, seguita ora da una gioia profonda ora da un’altrettanto profonda rabbia. Proprio al seguito della nonna il precettore farà sua quella voglia irrefrenabile di tentare la fortuna, nonostante la prima impressione sul casinò fosse stata terribile
"Tutto mi sembrò così lercio, per così dire moralmente brutto e lercio…(…) gli uomini, non soltanto alla roulette ma ovunque, non fanno altro che togliersi o vincersi qualcosa reciprocamente".
Aleksej gioca per salvare Polina, per salvare se stesso da un amore che lo divora, per comprare quella donna sfuggente eppure così vicina. Vincerà e anche parecchio, ma neanche questo gli farà conquistare la cosa più importante della sua vita, il rispetto e l’amore di una donna, quella stessa donna che offesa dal suo gesto rifiuterà lui e i suoi soldi…e questa sarà la vera rovina di Ivanovic, che inizierà ad annullarsi fino ad avere il solo scopo nella vita di sfidare la sorte, o la vita stessa, ad una roulette, nella scelta tra rouge et noire, pari et impair, manque et passe…
"Sono persuaso che, per metà, fosse entrato in gioco il mio amor proprio; avevo voglia di stupire gli spettatori, affrontando un rischio dissennato, e ricordo con chiarezza, strana sensazione!, che all’improvviso fui effettivamente dominato, al di là di ogni sfida della vanagloria, da una tremenda sete di rischio. Può darsi che, dopo essere passato attraverso tante sensazioni, lo spirito non finisca affatto col saziarsene, ma ne tragga soltanto un’esaltazione che lo spinge a esigerne sempre di nuove e sempre di più forti, fino alla definitiva estenuazione."
Come già nei miei incontri passati con Dostoevskij si ripresenta il mio amore/odio per lui. Una lettura che stenta a decollare, a coinvolgere del tutto finché non arriva un punto in cui non si riesce più a chiudere il libro e, anzi, lo si inizia a divorare, aumentando il ritmo della lettura, che diventa quasi una corsa. Anche stavolta Dostoevskij mi ha coinvolta e stravolta…e spero sia così anche per voi.