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Leclère e Batard
Un odio puro, semplice e genuino è quello che lega Black Leclère, diavolo fatto persona, e “Batard”, un bastardo a quattro zampe. Eh si, perché per il francese, il canide non è altro che questo, il fatto che sia stato da tutti soprannominato “Stirpe dell’Inferno”, per lui non ha significato. La bestia è solo uno strumento, un oggetto da piegare alla propria volontà e ai propri bisogni. Peccato però che “Batard” non abbia la minima intenzione di abbassarsi ai desideri dell’umano che lo ha preso “in custodia”. Anzi. Sin dal primo momento manifesta con piccoli morsi la sua tempra, la sua tenacia.
Negli anni nascerà tra i due una lotta silenziosa, un conflitto ove nessuno alcuno ha intenzione di chinarsi all’altro. Potranno volare bastonate, soprusi e violenze di ogni tipo da parte dell’umano verso l’animale, ma mai quest’ultimo si piegherà così come mai si piegherà Leclère alle ripicche del cane. Quest’ultimo attenderà silenzioso il giorno della vendetta, qualsiasi sia il costo di questa non vi si sottrarrà. Dimostrerà al suo padrone che quel nomignolo, “Stirpe dell’inferno”, non era mero eufemismo, ma cruda e autentica verità.
Pubblicato per la prima volta nel 1902 come “Diable – A dog” su Cosmopolitan e di poi incluso in “The Faith of Men” (1904) con il titolo attuale, “Batard” è un testo acuto e rude, dove la violenza, la morte, la vendetta, l’odio, il rancore, l’orgoglio, sono i temi portanti.
Il racconto scorre rapido tra le mani del lettore che a più riprese si immedesima nella figura di questo segugio coraggioso e temprato. Consapevole di quel che muove l’uno e l’altro, l’avventuriero conoscitore è conquistato dalle parole di London, tanto che, senza quasi accorgersene si riscopre a conclusione dell’elaborato stesso. Poche pagine, forse, ma grandi e molteplici i contenuti.