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XXX
Un uomo in un luogo difficile da localizzare e in un tempo al pari determinato e indeterminato, ultimi giorni della sua vita compresi tra il venti marzo e il primo aprile del 18.., scrive un diario a compendio dei suoi scarsi trent’anni. Racconta una brutta infanzia, è il suo inizio, l’epilogo lo anticipa subito: è destinato a morte imminente. Le prime pagine avvolgono il lettore, ci si predispone subito alla condivisione di una breve esistenza, la cifra stilistica è alta e piacevole. I richiami al mondo naturale, alla variabilità climatica, il ricadere in un gelido inverno, accompagnano gli stati d’animo del morente che non tenta nemmeno di raccontare la sua vita: è simile a quella di tanti altri. Progressivamente il carattere episodico che ci si potrebbe aspettare da queste premesse cede il passo al vero intento dell’autore: descrivere il carattere del suo protagonista ascrivibile alla categoria del superfluo. “ A questo mondo sono stato un uomo del tutto superfluo o , se si vuole di un genere del tutto superfluo”. A sostenere la sua tesi il protagonista utilizza la narrazione del suo innamoramento per Liza e la mancata corrispondenza che suggella il suo stato di incomodo, di inutile, di superfluo appunto.
Il mio interesse per il testo è venuto meno proprio qui, l’ho terminato ma con scarso piacere, ho cercato di contestualizzarlo approfondendo la conoscenza dell’autore e della sua produzione, ho capito che si tratta di uno scritto che trova una precisa collocazione all’interno della letteratura russa perché ricco di richiami intertestuali ma non essendo una grande devota dei russi mi limito a segnarlo a chi più competente o interessato.
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