Dettagli Recensione
Epilogo
Breve e amara novella datata 1927, racconta la fine di un’esistenza che coincide con la morte del sentire, con l’indifferenza usata come arma di protezione e di difesa. Il vecchio ebreo Salomonsohn, ricco e agiato borghese austriaco, sacrificato al lavoro, si concede una vacanza in Italia con la sua famiglia: la moglie e la bella figlia Erna. A Gardone, una notte, in albergo, sente dei rumori e vede la figlia rientrare nella sua stanza congedandosi da un furtivo incontro d’amore. Qualcosa in lui si spezza e l’intera sua esistenza si rivela: mentre si rende conto, dilaniato dai calcoli biliari, che la figlia è cresciuta, che la moglie gli è divenuta estranea, che è stato incapace di vivere le gioie della vita, il suo cuore sanguina. La sofferenza è tale che l’unica soluzione che riesce a trovare per conviverci è estraniarsi ancora di più e dalla famiglia e dalla vita. Il ritiro è subitaneo, immediato, doloroso e straniante. La famiglia si adatta anche a questo mutamento, solo quando gli eventi precipitano accorre al capezzale per trovare però l’estremo barlume di astio e di incomprensione.
Lettura veloce, può contribuire a migliorare la conoscenza dell’autore e le tematiche da lui affrontate nella produzione novellistica, mi lascia piuttosto indifferente come un bozzetto dimenticato.