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ANNO. Una serie di 365 delusioni
«Meglio non fidarsi di te.»
Eravamo alle prime battute della conoscenza. E tu esercitavi il sospetto nei miei confronti. Con il sarcasmo che presupponeva una convinzione di fondo. Intuivi la mia complessità dietro un’apparente bonomia che – anziché tranquillizzarti – ti rendeva diffidente.
«Non comprendo questo tuo atteggiamento difensivo», cercavo di persuaderti con le parole e con gli sguardi. Del resto, come rassicurarti sulle mie migliori intenzioni?
«Acqua cheta rompe i ponti», hai replicato con circospezione.
«Guarda che io sono un mite!», insistevo contraccambiando l’ironia, ma affiorava un principio di affanno.
«Mitezza. La straordinaria pazienza esercitata per poter preparare una vendetta degna di questo nome. Ambrose Bierce, Dizionario del diavolo.» L’hai detto d’un fiato, al telefono. Immagino scorrendo l’ordine alfabetico di un vocabolario sui generis. Sul momento ho anche pensato al nome dell'autrice, Ambrosia! Nettare degli dei? Allergia?
Fu così che scoprii questo libro. Un vero e proprio abecedario del disinganno. Un testo da consultare occasionalmente per decodificare linguaggi e comportamenti in modo estemporaneo.
Da allora, ogni tanto lo consulto per ottenere qualche spunto critico, per non fermarmi al significato scontato delle parole.
E noi due? Adesso siamo amici. Ogni tanto ci rinfacciamo qualche derivazione, significati impliciti, e dissacrazioni di apparenze…
Bruno Elpis
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Io Bierce l'ho imparato a conoscere ed amare decenni fa quando alla radio (RadioTre) esisteva una splendida trasmissione intitolata "il racconto di mezzanotte", tutto dedicato a racconti brevi horror (o pseudo-horror) e, in genere, fantastici o fantascientifici. Quelli di Bierce erano assolutamente tra i più godibili.
Da allora quando vedo una sua pubblicazione, magari un vecchissimo remainder ingiallito e sdrucito, mi fiondo a comprarlo.
Ed "Il dizionario del diavolo", assieme agli "aforismi" di Karl Kraus è una delle raccolte di "motti spietati" migliori al mondo.