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Don Chisciotte
 
Don Chisciotte 2017-02-19 08:16:19 catcarlo
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catcarlo Opinione inserita da catcarlo    19 Febbraio, 2017
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Le avventure di Don Chisciotte (per non parlare di

Benché i suoi protagonisti siano universalmente conosciuti, o forse sarebbe meglio dire orecchiati, questo romanzo va preso con le dovute precauzioni. Innanzitutto perché rappresenta l’unione di due libri, scritti alla distanza di un decennio e declinanti il tema di fondo lungo vie diverse: il primo è più ondivago, ma, a onta delle lunghe novelle che un po’ lo appesantiscono, anche più vitale del successivo la cui maggior compattezza non riesce a volte a nascondere il fiato corto di una certa prevedibilità. Va poi tenuto conto che si tratta di uno scritto del Seicento costruito sul modello delle narrazioni picaresche e perciò non sarebbe male intenderlo come una successione di racconti con gli stessi personaggi (e in certi tratti neppure questi). Infine perché è al contempo un manifesto di critica letteraria contro gli stereotipati testi cavallereschi e un abile gioco di specchi tra realtà e finzione, con Don Chisciotte impegnato nel secondo segmento a rivendicare la narrazione delle proprie gesta – di modo che un po’ il libro esamina se stesso – e a smentire la versione apocrifa scritta nell’intervallo fra i due volumi originari da un tal de Avellaneda. A dir la verita, la faccenda è ribadita qualche volta di troppo – la lingua batte dove il dente duole, chioserebbe Sancio – ma la ripetitività non è certo una delle preoccupazioni di Cervantes che fa rivivere le stesse situazioni e sovente replicare i medesimi concetti, come appunto la discussione tra cavaliere e scudiero sulla capacità (invero mirabolante) di quest’ultimo di infilar nel discorso un numero esagerato di proverbi non sempre pertinenti. Come detto, nella prima parte il Don si mette alla ventura assieme a Sancio trascinandolo in una serie di peripezie che lui vive come avventure, a iniziare dalla celeberrima contro i mulini a vento, ma che fuori dalla sua fantasia stanno tra la scazzottata in stille Spencer/Hill e la comica finale (l’inganno sulle gualchiere non cadrebbe a pennello per Stanlio e Ollio?). A variare il ritmo e la vicenda provvedono le novelle cortesi di cui sopra, che raccontano di giovani bellissimi e di amori contrastati che tendono verso il quasi inevitabile lieto fine, con la notevole eccezione di quell’incrocio molto moderno di malfidenze e inganni che è ‘L’indagatore segreto’: si tratta di brani che hanno una vita propria e usano l’opera principale quasi come una cornice e, al dilà dei pregi intrinseci, finiscono per prendersi troppo spazio. La seconda sezione ha un andamento più coerente, seppur a volte a discapito della dinamicità: non ci sono più spunti di pura comicità a livello della padella da barbiere ritenuta ‘elmo di Mambrino’, ma costruzioni più complesse, come il montaggio alternato che vede Don Chisciotte a combattere le tentazioni nel castello dei duchi mentre Sancio affronta il proprio governatorato. E’ evidente pure l’evoluzione dei personaggi, con un rapporto più stretto fra i due principali: lo scudiero non segue più il padrone solo per avidità, mostrando via via una miscela di arguzia e ignoranza che gli serve per conquistare il centro della scena; il Don, da parte sua, non pare credere più così fanaticamente alle proprie fantasie, ma, per evitare di disilludersi, s’inventa i malevoli incantamenti di maghi dispettosi. Il che, al netto del sovrannaturale, è abbastanza vero perché tutti quanti sono impegnati a fingere per prenderlo in giro, lo facciano per affetto (Sancio con Dulcinea, i compaesani per riportarlo a casa) o per diletto (le arzigogolate burle dei duchi suddetti): il lento ritorno alla realtà rappresenta una rinuncia ai sogni e, malgrado essi abbiano un’origine di cui ci si può fare beffe, la loro assenza svuota talmente l’esistenza di Alonso Chisciano da non lasciargli altro che la morte. Si tratta dell’ennesima stratificazione dell’opera, rappresentando in filigrana la fine di un’epoca (e di un’epica) ormai soppiantata dalla prosaicità dell’età moderna.

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