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Il sottotenente Summenzionato
 
Il sottotenente Summenzionato 2017-01-14 19:11:51 viducoli
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viducoli Opinione inserita da viducoli    14 Gennaio, 2017
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Nel solco di Gogol’...

... I racconti di un grande intellettuale sovietico

Un oscuro scritturale militare alle prime armi, durante la copia di una ordinanza che deve essere sottoposta all’imperatore compie degli errori: dà per morto un tenente che non lo è affatto e invece di scrivere ”i sottotenenti summenzionati Stiven, Rybin e Azanceev vengono destinati…” scrive ”i sottotenenti Summenzionato, Stiven, Rybin e Azanceev vengono destinati…”. L’ordinanza viene sottoscritta dall’imperatore e l’inesistente sottotenente Summenzionato inizia ad avere una sua propria vita, mentre il tenente Sinjuchaev si ritrova ad essere morto a tutti gli effetti.
Si potrebbe legittimamente pensare che l’autore di un racconto con un inizio così folgorante e paradossale sia Gogol’. Invece 'Il sottotenente Summenzionato' è uno splendido racconto di Jurij Tynjanov, critico, storico e scrittore sovietico vissuto tra il 1894 e il 1943, uno dei massimi rappresentanti del formalismo russo.
Il volumetto edito da Sellerio per la prima volta nel 1986, ed ancora fortunatamente disponibile a catalogo (anche se i maggiori siti di vendita online lo danno come momentaneamente non disponibile), ci presenta, oltre a quello che gli dà il titolo, anche un altro racconto di Tynjanov facente parte del cosiddetto Trittico degli imperatori: 'Il giovane Vitušišnikov'. Abbastanza incomprensibilmente, considerando l’unitarietà che l’autore aveva attribuito ai tre racconti, il volume tralascia il terzo, 'La figura di cer'a, del quale esistono una traduzione italiana edita da Voland solo l’anno scorso ma già esaurita ed una del 1986, – Editori Riuniti – rintracciabile nei siti dell’usato con il titolo 'Persona di cera'.
Come detto, Tynjanov è stato, oltre che scrittore di (pochi) romanzi e racconti, un critico della letteratura ed un attento analista della Storia russa, particolarmente del periodo che va dal regno di Pietro il Grande alla prima metà dell’800. Oltre a ciò collaborò con i principali registi cinematografici sovietici dell’anteguerra, scrivendo numerose sceneggiature. Questa sua dimestichezza con il linguaggio cinematografico si percepisce appieno nei due racconti, sia nei brevi periodi che Tynjanov impiega per inquadrare le azioni e i pensieri dei vari personaggi, che danno proprio l’idea della tecnica del montaggio, sia in alcuni brani in esterno in cui sembra proprio che una cinepresa segua in soggettiva lo svolgimento dell’azione.
'Il sottotenente Summenzionato' è sicuramente il racconto più divertente dei due, ed è unanimemente considerato il capolavoro della produzione letteraria di Tynjanov. La vicenda è ambientata ai tempi del regno del reazionario e volubile Zar Paolo I Romanov, figlio di Caterina II la Grande, che si dedicò in gran parte a distruggere i risultati della politica illuminista dell’odiata madre e che morirà nel 1801 assassinato da una congiura di palazzo. Per scrivere questo racconto, come per gli altri del Trittico, Tynjanov si basò su un aneddoto e sull’utilizzo minuzioso di fonti e documenti storici.
Come detto sopra, la vicenda trae origine dall’errore di uno scritturale. Siamo però in tempi di assolutismo e di autocrazia, e l’ordinanza contenente gli errori, una volta sottoscritta dallo Zar, non può più essere messa in discussione. E’ così necessario che il sottotenente Summenzionato esista, come è altrettanto necessario che il tenente Sinjuchaev sia morto. Gli alti funzionari della corte che entrano nella vicenda, generali e ministri, per servilismo, idiozia, vigliaccheria o per tornaconto personale non si azzarderanno a mettere in discussione queste verità sancite dalla firma reale. Così la vicenda si snoda, con un andamento paradossale che contiene una fortissima carica satirica sancita anche – come detto – dal peculiare stile di scrittura del formalista Tynjanov, attorno ai tre personaggi principali. Lo Zar, rinchiuso nel suo palazzo di Pietroburgo, un idiota alle prese con le sue insicurezze, comprese quelle sulla sua nascita, del quale ogni gesto viene interpretato, da sottoposti dei quali il servilismo è il tratto fondamentale, come foriero di fortuna o di disgrazia nell’incessante lotta per il potere e per la sua conservazione. Il tenente Sinjuchaev, che da buon militare non discute la notizia di essere davvero morto, e comincia a vagare a piedi per l’impero sino a dissolversi come sabbia. E il sottotenente Summenzionato, che dopo essere stato mandato in Siberia perché allo Zar era stato fatto passare come l’autore di un’incursione notturna sotto le sue finestre, viene da questi perdonato e dato in sposo ad una ex amante dell’imperatore, per essere il padre del bambino che essa attende, e – protetto dalla benevolenza imperiale – fa una rapida carriera sino a morire generale. Fantastica, nella sua coerente incoerenza e nella sua platealità di ispirazione cinematografica, la scena del funerale solenne, con la moglie in lacrime dietro il feretro di un marito che non ha mai avuto (e che per questo le faceva molto comodo), il reggimento che sfila con le bandiere ripiegate e lo Zar, che – stagliandosi solo ed a cavallo sul ponte del suo palazzo – sguaina la spada ed esclama ”Muoiono i miei uomini migliori!”.
Ovviamente il livello interpretativo più immediato rispetto a questo piccolo capolavoro è legato alla critica alla stupidità del potere costituito e della sua burocrazia, all’assurdità e alla crudeltà dell’autocrazia zarista, basata sulla volontà, spesso instabile e comunque autoreferenziale, di una sola persona.
Vi è però a mio avviso un livello ulteriore di interpretazione del testo, che fa riferimento al ruolo di Tynjanov critico letterario formalista e studioso di storia. Tutto il racconto è infatti basato sulla contrapposizione tra i documenti e la realtà dei fatti, e su come i fatti vengano piegati alle necessità dei documenti. E’ un documento che dà la vita al sottotenente Summenzionato e fa morire il tenente Sinjuchaev, è attraverso documenti che quasi sempre si esprime al volontà dello Zar che perpetua nel tempo l’assurda situazione creatasi, e sarà sempre un comunicato ufficiale che attribuirà, nelle righe finali, ad un colpo apoplettico la morte dello Zar in realtà assassinato. Il racconto, che è del 1927, traspone quindi in forma letteraria il dibattito sul rapporto tra significante e significato che forma uno dei cuori della critica formalista e del nascente strutturalismo. Il sottotenente Summenzionato mette alla berlina, in modo estremamente efficace e divertente, la pretesa di attribuire più importanza al segno rispetto a ciò che questi rappresenta, e sottolinea la necessità di mantenere un atteggiamento critico: nella breve prefazione ci viene detto che Tynjanov faceva infatti notare come molti documenti mentono come gli uomini.
Forse meno riuscito, rispetto alla folle linearità del racconto precedente, è 'Il giovane Vitušišnikov' (edito nel 1933). Ambientato ai tempi dello zar Nicola I Romanov, attorno al 1840, narra di un piccolo episodio, l’interlocuzione tra lo Zar ed un adolescente, che viene trasfigurato per magnificare la figura del sovrano. La carica satirica sta proprio nell’insignificanza dell’episodio, ed in generale di tutte le vicende che sono raccontate, che tuttavia assumono, per i meccanismi stessi del potere autocratico, la valenza di questioni di stato. Così, all’inizio del racconto, lo Zar che sente più che mai il bisogno di un’attività di stato, esce di palazzo per andare a controllare la dogana e per verificare se i paracarri che aveva ordinato fossero collocati in una strada di Pietroburgo siano effettivamente al loro posto; durante questa uscita – nella quale ancora una volta la maestria cinematografica di Tynjanov emerge nel piano sequenza dello Zar che commenta ciò che vede dalla sua slitta – nota due soldati che entrano in un’osteria (cosa proibita dal regolamento) e decide di intervenire per porre fine personalmente all’infrazione. Non riuscirà a capire cosa sia veramente accaduto e scatenerà le sue ire sull’ostessa e sul proprietario dell’osteria: un ragazzo, il giovane Vitušišnikov del titolo, lo trarrà d’impaccio rispetto ad una situazione che avrebbe potuto renderlo ridicolo. Inizia così un’avventura che rischierà d’avere – per la stupidità dei personaggi coinvolti ma anche per l’automatismo dei meccanismi del potere – conseguenze sulle finanze dello stato e sul suo assetto istituzionale. Anche in questo racconto viene quindi messa in ridicolo innanzitutto la piccola statura morale ed intellettiva dello Zar (che giudica l’infrazione dei due soldati come se si trattasse della rivolta dei decabristi che aveva represso vent’anni prima) e dei vari ministri, ma anche in questo caso vi sono episodi rivelatori di una critica più sottile al ruolo della comunicazione e dell’intellettualità nella formazione del consenso e dell’opinione pubblica. Infatti il piccolo episodio, che avrebbe potuto nuocere alla reputazione dello Zar, viene trasformato in una prova della sua vicinanza al popolo grazie al soccorso di uno scrittore e della sua rivista, che si prestano a riscrivere di sana pianta l’episodio, per celebrare il quale verrà addirittura realizzata una targa marmorea. Molto significativa nella sua caricaturalità è poi la figura del ricco commerciante all’ingrosso di vini Rodokanaki, che mette a nudo come il potere autocratico degli zar fosse in realtà in balia, già a metà del XIX secolo, di precisi interessi economici che potevano condizionarne le scelte. Il finale, nel quale un anziano testimone dei fatti li stravolge per l’ennesima volta molti anni dopo, certifica ancora una volta la difficoltà di comprendere e ricostruire con esattezza la realtà quando questa è piegata a ragioni ufficiali.
Tynjanov scrisse questi due racconti in pieno stalinismo: non fu mai un intellettuale dissidente, anzi collaborò – come detto – con i maggiori registi cinematografici sovietici. Morì a 49 anni non in un gulag, ma di una forma di sclerosi multipla che lo aveva colpito già da giovane. E’ a mio parere indubbio che questi racconti potessero prestarsi ad una lettura in chiave avversa al nascente assolutismo staliniano, ma essi furono regolarmente editi in URSS e Tynjanov continuò ad esercitare la sua attività di intellettuale sino alla morte. Come in altri casi, anche la vicenda di questi due racconti ci dovrebbe far riflettere rispetto alla vulgata oggi dominante, che vede nell’Unione Sovietica un impero del male volto unicamente ad opprimere il popolo e a soffocare ogni forma di dissenso e di libertà intellettuale.

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Gogol'
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