Dettagli Recensione
Queste gioie violente hanno fine violenta
Eccomi alle prese con l'opera che, tra quelle del grande drammaturgo inglese, è forse la più amata e che suscita più emozioni negli innamorati e negli animi prettamente romantici.
Un'opera carica di contraddizioni, perché contraddittori sono i due protagonisti, troppo giovani e istintivi per affrontare una realtà estremamente avversa al loro amore.
La passione irrefrenabile e l'amore disperato fanno da padroni sul palcoscenico, trascinati dalla volubilità di Romeo Montecchi, che si palesa fin principio. Perso d'amore per la bella Rosalina, che non lo contraccambia, a Romeo basta uno sguardo di Giulietta a spegnere un amore immaturo per accenderne un altro ancor più pericoloso, perché costretto a celarsi dalle discordie che imperversano tra le famiglie dei due.
L'impeto con cui Romeo e Giulietta vivono il loro amore, unito alla guerra tra le due famiglie, darà il via a una serie di eventi tragici che vedere tutti insieme ha quasi del surreale, e distrugge l'animo dello spettatore (e lettore). Eppure, chi assiste alle vicende non trova in nessuno dei personaggi un'anima innocente. Come confermerà il Principe di Verona, tutti sono responsabili della tragedia che fa da epilogo a "Romeo e Giulietta", comprese le vittime ed il povero frate Lorenzo, che suo malgrado è forse il maggiore artefice della messa in atto. La strada per l'inferno è lastricata di buone intenzioni.
Personalmente, sono le vittime di questo dramma che hanno suscitato in me la rabbia maggiore. Seppure sia la discordia dei propri genitori a generare la difficoltà nel vivere il proprio amore, sarà la loro debolezza e impulsività ad avere il ruolo fondamentale nella loro fine. Pronti a togliersi la vita al primo ostacolo, sarà la fretta di poter vivere il loro amore a ucciderli, e l'eventualità di non poterlo fare darà loro il colpo di grazia. L'attimo in cui Romeo apprende della morte di Giulietta è emblematico in questo senso, perché nel giro di poche battute egli passa dalla gioia di un sogno felice che porta un buon auspicio alla ferma convinzione di togliersi la vita, senza in alcun modo fermarsi a riflettere e capire come Giulietta sia potuta morire. Sarebbe bastata una parola con frate Lorenzo. L'amore cieco, invece, gli regala come primo pensiero la morte e come prima azione l'acquisto di un veleno mortale da uno speziale.
Troppo amore può uccidere, e al cuore va sempre accoppiata una buona dose di mente, perché da solo è un organo pericoloso. In questa tragedia tutto va per il verso sbagliato e l'unico risultato che si può tastare è il risanamento della discordia tra Montecchi e Capuleti, che metteranno da parte l'odio uniti da un dolore comune.
Un amore maturo avrebbe forse ottenuto lo stesso risultato, peccato che quello dei due giovani non fosse un amore di tal sorta.
"Queste gioie violente hanno fine violenta e muoiono nel loro trionfo, come il fuoco e la polvere che baciandosi si consumano. Il miele più dolce è nauseabondo nella sua dolcezza e distrugge, a chi lo gusta, l'appetito. Ama, perciò, con moderazione. Un tale amore è più lungo. Chi troppo corre arriva tardi come ti va troppo piano."
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Commenti
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Vale.
Crescendo credo di aver capito che l'intendo di Shekespeare fosse proprio quello di rappresentare un amore giovane, adolescenziale e - fondamentalmente - piuttosto "sciocco". I protagonisti non sono poi tanto diversi dall'Achille omerico che piange, si strappa i capelli, mette il muso, urla, strepita etc.
Adolescenti, appunto.
Personalmente prediligo le storie d'amore più "pensate" (come Tristano e Isotta, per rimanere sui superclassici), ma capisco il valore dell'opera: se ci irritano come veri adolescenti significa che l'autore sapeva il fatto suo.
Tuttavia amo di più il Bardo quando si cimenta con altri personaggi: McBeth, Riccardo III, Shylock, Bruto e Antonio, per dire i primi che mi vengono in mente.
Vale.
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Quest'opera non è fra le mie preferite dei numerosi testi scritti dall'Autore. Si tratta comunque di una bella lettura. Parlo di "lettura" perché in teatro spesso si abusa di essa con trovate che vorrebbero attualizzare, producendo però robetta, perché il testo originale e la sua impostazione scenica contengono quel respiro cosmico che altrimenti va perduto. Quindi, spesso, meglio la lettura che la rappresentazione.