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Fiabe di vita
Quante volte ognuno di noi ha sentito pronunciare nella sua vita il caro vecchio e familiare “C’era una volta”? E quante volte ancora questo è stato seguito da una narrazione chiara ed accattivante, avente ad oggetto una trama semplice a sui seguiva una morale altrettanto forte ed il classico lieto fine dove tutti vivevano “felici e contenti”? Sicuramente tutto ciò è dettato dal desiderio dell’uomo adulto di far sognare e far vivere gli anni dell’infanzia nel modo più spensierato possibile ad ogni piccolo della famiglia.
In realtà, però, queste storie apparentemente ingenue, genuine, nella loro versione originale discostano dalle trasposizioni edulcorate di cui sopra. In passato infatti le fiabe avevano lo scopo di educare alla vita, di insegnare al bambino che non sempre le cose vanno come vorremmo, che spesso la quotidianità ci spiazza, ci lascia senza fiato, ma che essenziale è non arrendersi alle avversità, fondamentale è imparare dai propri errori così da essere pronti ad affrontare quelli che saranno i futuri ostacoli. Sicuramente detta impostazione dipende anche dal mutamento sempre maggiore che l’esistenza stessa ha avuto, trattasi infatti, quello in cui predette si sviluppavano, di una fase storica in cui la praticità e la concretezza erano alla base della giornata, non c’era spazio per le frivolezze e/o per le distrazioni. Le ore scorrevano rapide in quelle che erano le fatiche lavorative e domestiche dell’uomo e della donna, per giungere ad un crepuscolo di stanchezza, prole e routine.
Queste novelle, tra l’altro, non venivano concepite esclusivamente per il pubblico infante, soventemente erano destinate anche agli adulti che avevano a loro volta il compito di ascoltare e di trasmettere il concetto della natura umana, per quella che era ma anche integrandola con elementi magici e fantastici. Ecco perché le versioni autentiche delle storie sono spesso più crude e violente, non sono mitigate (basti pensare, ad esempio, che le matrigne di Biancaneve e Hansel e Gretel erano in realtà le loro madri naturali, ma poiché era fondamentale tutelare il ruolo materno, così come era impossibile accettare che una mamma potesse essere malvagia, esse furono tramutate in matrigne). Non solo, gli stessi originari protagonisti non dovevano per forza essere “buoni”, ovvero soggetti immuni dalla malvagità, anzi! Generalmente questi erano proprio giovani maledetti, ragazzi maltrattati e/o abbandonati, uomini che rivaleggiano ed ancora persone spinte da animosità maligne nonché dedite ad abusare del proprio potere.
Nelle versioni prime, non si ha paura di mostrare l’aggressività ne tanto meno si auspica all’oggigiorno consono lieto fine. Questo perché siffatta qualità è propria della natura umana, ne è parte, e negarla, anche se questo può far storcere il naso a molti, sarebbe come smentire una parte di se stessi. A riprova di ciò basti pensare alla fiaba dei piccoli di cinque o sei anni che, nella prima versione, giocano al “macellaio”: mentre uno fa il macellaio, un altro cuoce ed il terzo è il maiale. Il macellaio assale il maiale e gli taglia al gola mentre il cuoco raccoglie il sangue in una ciotola. Viceversa nella seconda abbiamo due fratellini sempre dediti al medesimo gioco. Quello che fa il macellaio sgozza l’altro. La madre sopraggiunta sul luogo a seguito delle urla, colpisce al cuore il figlio rimasto. Il terzo figlio, lasciato dalla mamma per soccorre il ferito, muore annegando nel catino. La donna, realizzata la morte di tutti e tre i suoi discendenti, viene a sua volta a mancare di crepacuore. Chiara è la violenza/aggressività insita nel racconto eppure, nella sua lettura integrale troverete quella che ne è la morale, il suo perché.
Evidente è dunque che tra gli obiettivi dei narratori vi era quello di trasmettere quella che appariva essere la realtà, la concretezza, la verità di una società basata sulla funzionalità, povera e pessimistica. Ma non fatevi intimorire da ciò, né dovete ipotizzare di trovarvi di fronte ad un elaborato horror. Queste favole, dei fratelli Grimm, così come di tanti altri autori, seppur più dure delle versioni che conosciamo, arrivano e sono tutte intrise di etica ed insegnamento proprio perché non ovviano alla verità dei fatti del tempo in cui sono scritte.
Stilisticamente l’elaborato è fluente, erudito, e capace di suscitare molteplici spunti di riflessione. Da leggere e da non sottovalutare.
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Commenti
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Senti ma questa edizione e' quella con copertina rigida che sembra imbottita ? Se sì penso lo prendero', io ho Le mille e una notte integrale in quel formato Newton ed e' bellissmo !