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Le notti di un sognatore
“Era una notte meravigliosa, una notte come forse ce ne possono essere soltanto quando siamo giovani, amabile lettore. Il cielo era così pieno di stelle, così luminoso che, gettandovi uno sguardo, senza volerlo si era costretti a domandare a se stessi: è mai possibile che sotto un cielo simile possa vivere ogni sorta di gente collerica e capricciosa? Anche questa è una domanda da giovani, amabile lettore, molto da giovani, ma voglia il Signore mandarvela il più sovente possibile nell’anima! … Parlando d’ogni sorta di signori capricciosi e collerici, non ho potuto fare a meno di rammentare anche la mia saggia condotta in tutta quella giornata”.
Le notti bianche è tra le opere più apprezzate di Dostoevskij, insieme a Delitto e castigo. Sin dalle prime pagine, si comprende il perché quest’opera è tanto amata, in quanto ogni uomo riesce a identificarsi con la figura del protagonista. Un sognatore, isolato dalla società e della realtà, durante una delle sue solite passeggiate notturne incontra una donna di nome Nasten’ka. Sarà lei a risvegliare in lui il sentimento dell’amore attraverso il suo sguardo complice, le sue parole e le lunghe chiacchierate anche se sfuggenti.
“Io sono un sognatore; ho vissuto così poco la vita reale che attimi come questi non posso non ripeterli nei sogni.”
Timido ed impacciato lui riesce ad aprirsi a lei nelle quattro notti che scandiscono i loro incontri, dove lei si sfoga sulla sua vita privata. Nasten’ka, simbolo del pulsare delle emozioni, gli offrirà scampoli di vita vera, raccontandogli il suo rapporto con la nonna cieca, l’amore perduto e la sua delusione.
Dal romanzo si evincono immediatamente i tre temi fondamentali:
il tema del sogno e del sognatore
il tema della solitudine
l’introspezione e l’autoanalisi
“E sogno solamente ogni giorno che infine una buona volta ne incontrerò qualcuna. Ah, se voi sapeste quante volte fui innamorato a questa maniera… (segue una battuta di Nàstenka) Ma di nessuno, di un ideale, di colei che vedo nei miei sogni. Io creo nelle mie fantasticherie interi romanzi”
A tratti mi sono rivista nella figura del sognatore, a tratti nell’insoddisfatta e speranzosa Nasten’ka anche se per certi versi l’ho odiata alla fine del romanzo. Il suo rapporto con la nonna mi ha procurato grande commozione mista a incomprensione, per un rapporto tanto ossessivo quanto controllato. Il linguaggio poetico ma alquanto fantastico rendono quest’opera un classico da leggere quando è stata raggiunta la giusta maturità per comprenderne a pieno il significato. Il sognatore, simbolo di colui che prova disagio nel vivere nella sua società, oggi che verrebbe etichettato come un deviante, disadattato che riesce a farsi illuminare dall’amore provato per questa donna misteriosa. Esemplificativo di tutto il romanzo, è la frase iniziale dell’ultima parte: “Le mie notti finirono un mattino. La giornata era brutta. Pioveva e la pioggia batteva tristemente sui miei vetri; nella mia cameretta era buio, fuori nuvoloso.” Il risveglio del nostro sognatore dalle sue fantasie e la caduta inesorabile nella soffocante realtà. Tutto ciò sta a confermare come l’amore sia il motore che fa muovere ogni cosa, come si affermava in antichità con Platone e che si scontra con l’inesorabile scorrere del tempo (o del momento opportuno).
“E intanto sento il rumore di una folla di gente che mi gira intorno presa dal turbine della vita, sento, vedo che la gente vive, vive veramente, vedo che a loro non è preclusa la vita, che la loro vita non si dissolve come un sogno, come una visione, ma si rinnova sempre, è sempre giovane…”
Consiglio questo libro a tutti i sognatori, a chi non si sente accettato, a chi si lascia cullare dalla fantasia, insomma a cosiddetti “devianti”. A tutti coloro che amano stare al confine tra sogno e realtà.
Indicazioni utili
A chi è avvezzo ad un linguaggio non diretto nè semplice