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Nullità afinalistica o profondita' dell' animo?
Chi di noi, nel tortuoso percorso di una vita, non si è trovato, per un periodo, privo di slanci emozionali, con l' inquietudine di passioni travolgenti improvvisamente smarrite, o affranto da dolorose perdite, con l' umore basso, con desideri sopiti ed un senso del nulla, incarcerato in un torpore dell' animo?
Chi non ha trascorso giorni cupi o semplicemente momenti di riflessione profonda, cercando una spiegazione, un senso, una via per riappropriarsi del proprio io?
Certamente è stata una esperienza vissuta da molti, prevalentemente di breve durata, che altrimenti sarebbe sconfinata nella depressione più cupa e profonda, indirizzandoci altrove.
Spesso e' stata vissuta in gioventu', accompagnata da immaturita', pochi anticorpi, inesperienza di vita vissuta.
C' e', invece, un termine per indicare un modus vivendi, uno status quo, un animo abbandonato per sempre ad un' esistenza di attesa, astinenza, inerzia, ancorato ad un mondo disincantato e di famigliare memoria, all' immagine di un Eden perduto, sogno e ricordo immutato di una infanzia gioiosa.
Ma è anche un brutto termine, un nemico sotteso, che indirizza inspiegabilmente una vita e che lo stesso protagonista finirà con l' oggettivare e quasi scansare, citandolo a più riprese nel testo come altro da se'.
Si tratta dell' " oblomovismo ", un neologismo coniato da Stoltz, caro amico d' infanzia di Il'ja Il'ic ed ha due radici; Oblomov, attore principe dell' opera e Oblomovka, proprieta' di 350 anime e sua terra natia.
È una semplice parola ed una entità che ritorna, inevitabilmente, ed e' un " male " incurabile, inestirpabile, che diviene il vero protagonista della narrazione, indirizzando vicende e personaggi.
L' oggi ha l' aspetto di un cupo e bieco materialismo e la concretezza di una Pietroburgo ( nella quale Il'ja Il'ic si è trasferito per fare esperienza ed alla ricerca di una professione) che declina qualsiasi slancio emotivo e poetico in nome di guadagno, arrivismo e futile apparire.
Ed allora Oblomov da dodici anni trascorre la propria quotidianità prevalentemente sdraiato su un divano, inerme, e qui tesse la propria vita, tra ricordi, congetture, speranze, sempre in bilico tra reale ed ideale, in una attesa protratta, accogliendo una corte dei miracoli che quotidianamente si spinge al suo capezzale, pronta a deriderlo, derubarlo, rimproverarlo, ascoltarlo, persino ad amarlo, accendendo una commedia umana tra il serio ed il farsesco.
Stoltz, Zachar, Tarant'ev, Matveevic, Anis'ja, Olga, Agaf'ia rappresentano l' oggettivismo del reale ma anche il proprio presente e passato, gli affetti più cari, figure antitetiche e complementari, comunque parte di se' e di quel mondo che in gran parte rifugge.
Ma chi è realmente Il'ja Il'ic e che cosa rappresenta? È un semplice fannullone, un codardo, un pigro, un disilluso, un depresso, oppure uno scaltro arrivista, un moralista, o forse un sognatore, un bambino, un idealista, un buono?
Di tutto un po' e fondamentalmente una figura dai mille risvolti, caustica, paradossale, con improvvisi slanci emotivi, ma profondamente infantile, con conoscenze teoriche ma inesperta della concretezza del vivere, di una ingenuità buona e paradossale, un poco principe Myskin di dostoevskijana memoria, seppure involuto e dormiente, rinchiuso in un' anestesia dell' esistere.
A chi si rivolge nelle proprie prolisse dissertazioni, con quali argomentazioni, chi vuole convincere, e di che cosa?
In primis se stesso, disilluso dalla vita, con tratti di purezza e disincanto, alla ricerca di un quid che neppure lui conosce, avendo smarrito la via intrapresa subordinata ad un ordine che non corrisponde al proprio sentire.
Ad un certo punto vi è un tentativo di rinascita, coatto, di svicolare da un destino apparentemente segnato, alla ricerca di un senso, che poi ricerca non è, perché l' amore non è programmabile ma indefinito, improvviso, vorticoso e così si presenta.
Olga e' una delizia insperata, un dono del cielo, armoniosa, giovane, con una voce sublime.
Ma come può cambiarci l' amore, e quali aspettative in esso riposte, se in primis siamo noi a non volere o non potere cambiare, ad averne paura, a scansarne ogni presente e futuro destino, rinchiusi in un baratro di paura e non desiderio, prevenuti e forzati dal nostro stesso sentire ( l' oblomovismo)?
Oblomovka e' il ricordo di un mondo perfetto, rimpianto, di una famigliarita' lontana, e vissuta solo nei propri sogni ed in quel sonno lungamente protratto.
Oblomov si è allontanato dalla casa natia, ha esperito l' empirismo, ha fallito ed ora ricerca una ritorno al passato ( perché non può ricongiungersi con Oblomovka dove tutto è cambiato ) nell' urbana Pietroburgo, sapendo che sarà impossibile.
Ed allora vive e si tormenta in quell' appartamento dove cerca disperatamente di ricreare la propria Oblomovka, e forse ci riesce, anche grazie a due figure amorevoli, il fedele servo Zachar , con lui da sempre e la futura moglie Agaf'ia, materna, quieta, onnipresente, che lo riconduce ad un sentimento primario di calore domestico.
È un romanzo complesso, corposo, in bilico tra reale e surreale, una fiaba, ma alla fine non sappiamo concretamente quale significato attribuire all' oblomovismo, se una accezione negativa, ovvero un senso di inutilità', una sterile ed inutile forma di pigrizia e latenza dell' animo, una presunzione intellettualistica sterile ed afinalistica, o, per contro, una accezione positiva, spirituale, un elogio della bontà d' animo, del recupero dell' umanita', della famiglia, di ideali veri e profondi.
Personalmente ho amato Oblomov, e ne conservo un dolce ricordo, sin dalla prima lettura, parecchi anni fa. È un personaggio che non lascia indifferenti, con idee e valori umani, ed anche con i propri difetti, e che ci fa riflettere, un po' pigramente, con la lentezza della profondita', su un mondo ( oggi prevalente ) sovente frettoloso e delirante nella propria visione superficiale oltre che nella consumistica interpretazione di una realtà che tende a dimenticare storia, tradizione ed identità'.
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Commenti
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In questo senso la sua pigriza diventa un atto di eroismo, la saggezza di una "resistenza passiva all'agitazione del mondo, alle sue distrazioni, alle sue vane regole".
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