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Il piccolo principe
 
Il piccolo principe 2016-06-09 07:23:38 Mian88
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4.3
Stile 
 
4.0
Contenuto 
 
5.0
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Mian88 Opinione inserita da Mian88    09 Giugno, 2016
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Non soltanto occhi, ma anche tanto cuore

Antoine Jean-Baptiste Marie Roger de Saint-Exupéry nasce a Lione il 29 giugno 1900 da una famiglia aristocratica composta dal conte Jean de Saint-Exupéry, ispettore delle assicurazioni, e da Marie Boyer di Fonscolombe, pittrice. Orfano di padre sin dall’età dei quattro anni, l’autore si innamorò dei cieli nel 1912, all’aeroporto di Ambérieu sull’apparecchio del pilota Védrines. E se da un lato Exupéry portava avanti il sogno di diventare pilota conseguendo nel 1921 prima il brevetto per gli aerei civili e di poi per quelli militari, nel contempo scriveva. Vola il nostro eroe, vola. Vola sino a quando il 1939, tornato in patria per partecipare con i suoi compatrioti al Secondo Conflitto Mondiale, viene dichiarato non idoneo dal competente distretto militare. Riuscito comunque a farsi arruolare dal Gruppo di Grande Ricognizione Aerea 2/33, continuò a dedicarsi all’arte dello scribacchiare, descrivendo in “Pilota di Guerra”, 1941, le imprese pericolose che lo avevano visto partecipe. Non si stancò mai di avere le ali Antoine, l’entrata in guerra degli Stati Uniti gli permise di tornare all’azione tanto che, nonostante i divieti e i continui incidenti, il 31 luglio 1944, partì in missione con l’obiettivo di sorvolare la regione di Grenoble-Annency, per non fare più ritorno. Da quel momento fu infatti dato per disperso e di lui non si seppe più alcunché.
Questa piccola premessa sulla vita dell’autore si è resa necessaria per evidenziare alcune delle forti assonanze tra realtà e finzione. “Il piccolo principe” è di fatto un racconto autobiografico che per alcuni, rappresenta, anche un’anticipazione di quello che è l’epilogo per il piccolo ometto e il grande pilota.
Molteplici le concomitanze. Come il giovane rampollo dai capelli color grano soleva arrossire invece di rispondere a situazioni di leggero imbarazzo, così Antoine tendeva a fare altrettanto. Esattamente come il narratore Saint-Exupéry fu pilota occupandosi in primo luogo del trasporto di lettere ai civili e di poi del settore militare, ed ebbe davvero una grave avaria nel deserto del Sahara nel 1935, incidente dal quale fu miracolosamente salvato in punto di morte per la sete dagli indigeni del luogo. Il bambino che gli si presenta nel deserto, dunque, non è altro che un’altra faccia di se stesso, di quel se stesso che in tenera età fu scoraggiato dagli adulti a coltivare la sua passione per il disegno perché “chiaramente” in quell’elefante ingoiato da un boa non vi era nient’altro che un cappello. Dalla morte del padre lo scrittore assapora il gusto della malinconia, della solitudine, impara a vivere in quel piccolo mondo costituito da una sola stella e quarantatre tramonti, perché un bimbo un po’ solo, come qualunque uomo, ha bisogno di crearsi degli incontri da poter attendere, ha necessità di dilatare la durata del giorno così da accumularne il più possibile. Inoltre, poiché i sei anni, sono l’età in cui il mondo si rivela senza limiti dovendo abbandonare la bellezza di una rappresentazione grafica per abbracciare quella della scrittura, Antoine-piccolo principe deve lasciare la sua rosa esigente ma essenziale perché solo così può prendere coscienza della diversità e vastità del mondo-universo, degli altri pianeti e dunque delle altre realtà che esistono oltre la sua. Ciascuna dimensione che incontra è difficile da capire, proprio come la scrittura che si sostituisce al disegno, perché gli adulti con cui di volta in volta si approccia, sono dimentichi della loro infanzia, hanno abbracciato una ragione che li ha allontanati da quello che erano.
Chi meglio di un infante sa cos’è la solitudine che poi di fatto ci trasciniamo dietro anche da grandi? Nessuno. Ecco perché, per cercare consolazione, l’ometto, quando era sulla stella contemplava i suoi quarantatre tramonti ed ecco perché quando ha salutato la sua amata e cara rosa ha comunque continuato a pensare a lei. Per questo il piccolo principe non ha paura, per questo egli trasmetterà a quel pilota così preso dall’avaria del motore, quello che il deserto gli ha insegnato. Gli narrerà di quel serpente che gli ha spiegato che certe volte ciò che sembra un male, può servire a far del bene, gli racconterà di quella volpe che gli ha rivelato come le amicizie possano essere tante ma sempre uniche, gli ricorderà di quando anche lui, ormai persona matura, guardava non con gli occhi ma col cuore riuscendo ad immaginare quella pozza miraggio dove l’acqua è nettare, per poi infine offrirsi alla morte quando ormai il desiderio del fiore è diventato troppo forte per potervi resistere ancora. Un racconto, che da visione diventa confessione. Una storia il cui finale combacia esattamente con quel desiderio del francese di vivere volando, aspirazione che ai suoi quarantaquattro anni volevano impedire. Che sia stato un incidente, che sia stata una resa volontaria non lo sapremo mai, ma qualsiasi sia stata la sua sorte o la sua volontà, Exupéry ci ha lasciato una parte di sé, un dono inestimabile che ciascuno, una volta letto, potrà custodire nel cuore e farne tesoro.
A prescindere dalle coincidenze/armonie con la biografia dell’uomo, “Il piccolo principe” è un concentrato di valori, di principi che nella società moderna sono troppo spesso dimenticati. L’amicizia, l’affetto per gli altri esseri viventi, l’essenzialità delle cose, l’imparare a conquistarsi la fiducia del prossimo, la solitudine quale chiave per vivere con se stessi ed aprirsi al mondo, e molto altro ancora, sono solo alcune delle peculiarità che troverete in questa lettura. Sono solo alcuni dei lasciati che questa vi regalerà. Perché ognuno di noi, osservando un determinato oggetto, respirando un determinato profumo, ripensando ad un luogo quasi dimenticato, riporta alla mente ricordi e persone che magari credeva obliate perché entrate anche solo per un breve periodo nella sua/nostra vita, ma che eppure, hanno lasciato una traccia indelebile. Sentimenti, ricordi, ed emozioni, le nostre, che danno forma al mondo colorandolo delle tinte più variegate, a seconda di quel che ci sussurra il cuore.

«Tu, fino ad ora, per me, non sei che un ragazzino uguale a centomila ragazzini. E non ho bisogno di te. E neppure tu hai bisogno di me. Io non sono per te che una volpe uguale a centomila volpi. Ma se tu mi addomestichi, noi avremo bisogno l’uno dell’altro. Tu sarai per me unico al mondo, e io sarò per te unica al mondo»

«Bisogna esigere da ciascuno quello che ciascuno può dare»

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Commenti

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Ciao Maria, la tua recensione mi ha fatto venir voglia di rileggere questo libro!
Fede
In risposta ad un precedente commento
Mian88
09 Giugno, 2016
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Grazie Fede, devi sapere che ho letto questo romanzo per la prima volta all'età di 12/13 anni in francese e soltanto ora mi sono decisa a rileggerlo anche in italiano. In ciascun caso, emozioni uniche.
Ti ringrazio di cuore per avermi letto, sei dolcissima e carinissima come sempre
In contemporanea !
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