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La montagna incantata
 
La montagna incantata 2016-05-21 00:07:01 Rollo Tommasi
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Rollo Tommasi Opinione inserita da Rollo Tommasi    21 Mag, 2016
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I giorni malati

“Non c'è niente di più doloroso che vedere come la nostra parte organica, animale, ci impedisca di servire la ragione.”

Quando hai individuato qualcosa da osservare – che tu l'abbia cercata o ti sia capitata dinanzi agli occhi, magari per un colpo di fortuna – non hai ancora tutto. Occorre trovare il giusto punto di osservazione (e bisogna saperlo fare, perché questa non è cosa che capiti per caso).
Così, per avere un'idea del mondo e poterlo davvero guardare, occorre trovare un luogo che sia allo stesso tempo dentro e fuori di esso, ma dal quale il mondo, e la natura umana, acconsentano a lasciarsi scrutare.
Hans Castorp giunge al sanatorio Berghof, incastonato tra le tranquille montagne svizzere, per far visita a suo cugino Joachim, un militare che soffre di un disturbo respiratorio. L'intenzione di Hans è rimanere in quel luogo tre settimane: un periodo assolutamente trascurabile per chi invece – afflitto da tubercolosi o da malattie polmonari, sfibrato da accessi di tosse cavernosa o dai penosi rantoli che ne accompagnano il respiro – è destinato a curarsi per interi anni; un'utopia per chi – a volte accade – scende da quel luogo solo come cadavere trascinato dalle slitte lungo il funesto tracciato disegnato nella neve.
Chiunque, al posto di Hans, si sentirebbe in tutto e per tutto ospite, restando mentalmente distante dalla condizione di chi è lì perché malato. E' per questo, forse, che egli sottovaluta il luogo e i suoi dintorni: nel corso di una solitaria passeggiata in altura, viene sorpreso da un affaticamento improvviso, è costretto a fermarsi, e torna al sanatorio in preda ad abbondante sanguinamento dal naso. Alla successiva visita medica, apprende che dovrà restare in quel luogo ben più di tre settimane, e che la sua condizione non è diversa da molti dei malati – sebbene quelli più lievi – che occupano la struttura di Berghof.
Hans ne uscirà sette anni dopo, incrociando un tempo attraversato da quell'orrore senza ragione che verrà ricordato col nome di “Prima guerra mondiale”, alla quale prenderà parte.

Poche righe di Thomas Mann bastano ad individuarlo come uno scrittore di grande modernità. Lo stile non si discute, e molti dei personaggi che compongono il microcosmo umano del sanatorio Berghof sono dipinti superbamente: Madame Clavdia Chauchat, la donna dagli occhi chirghisi che fa sbattere la porta a vetri; il sottile umanista Lodovico Settembrini, di enciclopedica cultura, in certo modo uguale e contraria a quella sfoggiata da Naphta, il suo rivale...
La montagna di Mann – perlomeno quel piccolo angolo che egli racconta – è incantata in quanto il tempo sembra fermarsi: in un'epoca “incendiaria” per l'Europa, il piccolo sanatorio vicino Davos è un luogo dal quale osservare l'umanità, le sue filosofie e credenze, le manie e gli eroismi, in definitiva il suo mistero.
In quest'ottica, i dialoghi dei personaggi che si incrociano nel libro – ed in particolare quelli tra Castorp e Settembrini – consentono al suo autore di affrontare un'infinità di temi culturali, morali, religiosi, psicologici, filosofici. Personaggi e temi come “sognanti intrecci di una composizione intellettuale” (espressione che nel 1939 userà lo stesso autore nel parlare del libro agli studenti dell'università di Princeton).
Ma i temi, alla fine, sembrano troppi persino per un'opera di milleduecento pagine: ciò che il libro restituisce nei ritratti di un'epoca – a partire da Hans Castorp – e nella ricerca del destino umano, pare sottratto da un eccesso di argomenti e speculazioni affrontate necessariamente in uno spazio ristretto.
In tal caso, l'unica è di sperimentare il consiglio che lo stesso Mann soleva dare su questo libro: a meno che alla prima lettura non abbia indotto noia, esso va letto almeno due volte, per poterlo davvero assaporare.

Una curiosità: il sanatorio raccontato nel libro esiste davvero al tempo di Mann, ed egli vi aveva accompagnato la moglie per quel periodo di tre settimane che, al proprio arrivo, il protagonista Hans Castorp immaginava come quello di permanenza presso la struttura.
Di recente, il regista Paolo Sorrentino vi ha ambientato il film “Youth” (con Michel Caine e Harvey Keitel), che ha riscosso discreto successo e vari premi. Nonostante la differenza temporale tra le epoche, sembra esservi un sottile rimando tra alcune situazioni del film e del libro. Chi può dire se l'atmosfera di un posto del genere travalichi lo scorrere del tempo, per costituire conferma, a suo modo, dell'universalità del mistero umano.

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Ho letto poco, di Mann; e quest'opera - monumentale - somiglia troppo a un cimento per invogliarmi. La vastità dei temi e gli sconfinamenti filosofici caratterizzano, per esempio, anche "La morte a Venezia", ma su una distanza più breve e congeniale ai miei standard di lettura. Meritorio, comunque, affrontare un classico; la tua analisi è chiara, priva di timore reverenziale.
Rollo un'altra recensione ottima! La tua opinione mi induce, almeno per ora, a non avvicinarmi a quest'opera, con il tempo vedrò.
Ancora complimenti, soprattutto per la scelta della frase iniziale.
Federica
In risposta ad un precedente commento
Rollo Tommasi
21 Mag, 2016
Ultimo aggiornamento:
21 Mag, 2016
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Grazie Neri.
Ho letto anch'io (e recensito) "La morte a Venezia" e, della stessa mole ti consiglio assolutamente "Tonio Kroger": è un racconto meno "problematico" del primo, e che, per la bellezza del suo messaggio, mi ha indotto ad approcciare "La montagna incantata". E' il lavoro di Mann che sinora mi è piaciuto di più.

Grazie, Federica.
La lettura di Tonio Kroger mi ha indotto ad affrontare questo classico con lo spirito di assaporare un capolavoro. Ma alla fine ho avuto un'altra impressione (ci sta che io non abbia capito il libro: le recensioni precedenti sono tutte più elogiative dell'opera).
La frase citata è bellissima perché pronunciata da una persona malata. Se fosse appartenuta ad una persona sana sarebbe stata sbagliatissima.
La recensione è superba e mette in luce la complessità dell'opera e di conseguenza la fatica della sua fruizione. Ho provato qualcosa di simile ma non a scapito della piacevolezza, personalmente fu una lettura da me molto diluita nel tempo e questo rendeva necessarie continue riprese. Sapeva Mann che comunque avrebbe profondamente colpito il lettore. A distanza di tempo mi capita di ripensarci affrontando altre letture e penso che sia sicuramente da rileggere.
Rollo, Rollo... interessante anche l'ultimo paragrafo, con questo flash che aggancia le nostre idee letterarie alla realtà (e alla rappresentazione cinematografica della realtà). Ciao,
b
ciao Rollo, mi manca questa lettura,,,,forse la temo,,,,
in ogni caso trovo la tua recensione utilissima per farsi un'idea prima di affrontare l'impresa.
La trama mi ricordava qualcosa e ho controllato: è il racconto "Tristano" di Mann, sempre ambientato in un sanatorio, letto molti anni fa. Prendo nota di questo romanzo!
Questo, per me, è uno dei libri più belli dell'intera Letteratura. L'ho riletto con ancora maggior piacere.
In risposta ad un precedente commento
Rollo Tommasi
21 Mag, 2016
Ultimo aggiornamento:
21 Mag, 2016
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Tutto mi sarei aspettato, Bruno, salvo che sotto la maschera del carnevale dei delitti si celasse un James Bond alla Sean Connery ;)

Silvia, è un libro che, visto il suo stile importante, si lascia leggere nonostante la mole. Le imprese, per me, sono altre: sorbirsi ad esempio libri con meno pagine ma ben più noiosi.

A Laura ed Emilio: non ora e nemmeno troppo presto, ma sicuramente proverò anche io a rileggerlo, e a vedere se il mio giudizio resta lo stesso.

Non lo sapevo, Cristina, nè le varie prefazioni e postfazioni riportavano questa notizia del "Tristano". Curioso, tuttavia, che in questo periodo io stia leggendo un Pirandello per il quale è accaduta proprio la stessa cosa (inserimento di un racconto giovanile in un più ampio romanzo).

Grazie a tutti voi per gli interventi. Avere un dialogo e un confronto successivo alla recensione postata, a mio giudizio, è più importante della recensione stessa.

Ahahah Rollo, tu mi dai speranza (e quanto ne abbiam bisogno, di speranza)... ma il mio commento alla Montagna era così secondario? :-)
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