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La maschera e il volto
“Doppio sogno” fu scritto da Arthur Schnitzler tra il 1925 e il 1926. Già con “La signorina Else” Schnitzler si era palesato come un innovatore nell’ambito della letteratura mitteleuropea, facendo ricorso, come aveva fatto Joyce, alla tecnica dello stream of consciousness. In “Doppio sogno” è più esplicita l’influenza freudiana e risulta evidente la lettura de “L’interpretazione dei sogni”, anche se potrebbe risultare riduttivo e superficiale fermarsi solo a questo aspetto, nella considerazione di questo breve romanzo.
Certamente i due protagonisti, Fridolin e Albertine, coppia borghese apparentemente consolidata, unita in un matrimonio reso più felice dalla nascita di una figlia, si trovano, ad un certo punto della loro vita, a dover fare i conti con quella parte sopita e minacciosa, la più inconfessabile relegata nella sfera dell’inconscio, che talvolta si riesce a rimuovere e a fare emergere, solo a scopo terapeutico, con una conseguente liberatoria presa di coscienza di sé.
Il doppio sogno è dunque da una parte il sogno reale di Albertine, libidinoso ed erotico, dall’altra, quella parvenza di sogno di Fridolin, che nel suo vagare notturno, rimane sospeso sulla soglia del dubbio tra realtà e immaginazione. Doppio il sogno, ma doppi e sdoppiati i personaggi che si trovano di fronte all’altra parte di sé.
Eros e Thanatos sono i veri protagonisti di questo racconto nel quale i personaggi sono dominati da pulsioni che li rendono schiavi e padroni dell’altro e l’erotismo sconfina in perversione e mescola sacro e profano, come ad affermare che il piacere è solo il prodotto dell’appagamento dei più inconfessabili istinti. Questa dicotomia morale già rappresentata in letteratura dal bipolarismo del Dr.Jekyll nel romanzo di Stevenson, è qui approfondita e valica il confine tra bene e male per addentrarsi in un più accurato esame della psiche del personaggio.
Il crollo delle barriere morali è, nell’opera dì Schnitzler, metafora del disfacimento del mondo di ieri della società austroungarica a cavallo delle due guerre mondiali, così ben descritta da Zweig, non meno di quanto avrebbe fatto Broch nell’opera “Gli incolpevoli” o “La morte di Virgilio”, o Musil con il suo esemplare “L’uomo senza qualità”. È il crollo di un mondo a lungo ritenuto ideale, che aveva offerto una certa stabilità, seppure non perfetta, all’intellettuale ebreo, che sarà condannato a riprendere le sue peregrinazioni, con l’ansia di ricostruire, almeno in parte, ciò che gli era stato tolto.
Dal romanzo di Schnitzler Kubrik trasse il film “Eyes wide shut” che fu completato da Spielberg dopo la sua morte, che rende bene l’ansia e l’angoscia dei personaggi e mette l’accento sul tema della vista – eyes-, così cara agli anglosassoni. Perché “ to see”, come si riscontra anche nell’opera di Henry James, non significa solo “vedere” ma anche metaforicamente “comprendere, conoscere”.
Ed infatti nel film, come nel romanzo, si insiste sulla maschera, che copre il viso, sulla benda che copre gli occhi, impedimenti alla presa di coscienza del personaggio.
Fridolin dovrà ribellarsi per acquisire una completa conoscenza di sé, per realizzare che una parte de suo io risulta ripugnante ed abietta persino a lui stesso, mentre Albertine, in sogno, ad occhi chiusi, vede una realtà che la terrorizza e con la quale dovrà fare i conti.
La trasgressione, minaccia per la coppia borghese, Fridolin e Albertine, che nel film sono Alice e Bill, si rivela, infine, l’ancora di salvezza e l’elemento unificatore d’un matrimonio agonizzante.
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Commenti
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Brava Annamaria!
Fede
Particolarmente interessante la tua recensione, così ben supportata dalla vasta cultura che possiedi. Non ho letto questo libro, ma conosco l'autore ; la portata innovativa del linguaggio e della struttura dei suoi brevi romanzi sicuramente hanno fatto scalpore.
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