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Venere in pelliccia
 
Venere in pelliccia 2016-03-24 20:56:09 Portoro
Voto medio 
 
4.3
Stile 
 
4.0
Contenuto 
 
5.0
Piacevolezza 
 
4.0
Portoro Opinione inserita da Portoro    24 Marzo, 2016
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Dal film al romanzo

Ieri ho visto "La Vénus à la fourrure" di Polanski. Un'occasione per ripensare al classico di Sacher-Masoch e a un intero apparato di riferimenti - non tanto clinici quanto culturali: "Il freddo e il crudele" di Gilles Deleuze, per esempio, che definisce la relazione fra sessualità e Legge (la figura del Padre); ma anche questo film bellissimo.
Il pretesto narrativo è l'audizione per una piece su "Venere in Pelliccia". C'è un teatro e due soli personaggi: Thomas, il regista snervato da un'intera giornata di prove, e l'ultima candidata al ruolo di Wanda. La Seigner, sontuosa, è divisa in una schizofrenia fra lo stereotipo dell'attrice sgallettata e il rigore della virago erudita, che polemizza col testo di Sacher-Masoch e col regista stesso. Sembra incarnare, di fatto, la Venere crudele del romanzo, e bastano poche battute per comprenderlo: dopo le schermaglie iniziali, col racconto del rocambolesco viaggio in metropolitana, e con voluti strafalcioni per fuorviare Thomas (il tipico intellettuale frustrato), la donna tira fuori una voce gelida e imperiosa - e il regista si ritrova così, suo malgrado, nei panni di Severin. Ma non era questo il suo inconscio desiderio? Nel film, il gioco scoperto della finzione si avvale (anche) di una certa magia sonora. Quando i due fingono di bere il caffè, si avverte in lontananza il tintinnio dei cucchiaini, il vibrare in mano della tazzina; quando mimano la stipula del contratto, si ode flebile il fruscio della carta. L'incanto della rappresentazione - tout court - è nella fluidità dei ruoli fra vita e Teatro, e delle identità personali che si riveleranno intercambiabili. Per Wanda, non a caso, il rapporto fra la Venere e Severin è ambivalente e, a ben guardare, il dominato (che induce all'accordo scritto, che implora abusi, castighi, umiliazioni) è il vero dominatore, che riduce la donna a oggetto "strumentale": è la sofferenza fisica a rendere possibile l'eccitazione sessuale di Severin. Allo stesso tempo, nell'infatuazione di Wanda per il greco Papadopulos, si cela l'omosessualità latente dello schiavo, che ambisce a una sorta di virilità per interposta persona.
La Seigner è una sprovveduta che banalizza Sacher-Masoch in un porno psicologico, o una baccante del femminismo pronta a fare a pezzi Dioniso?
Consiglio il film e, naturalmente, il romanzo.

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Imperdibile il film, con una Seigner ormai un po' frolla ma sempre all'altezza.
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