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Tutto quel che ho amato al mondo!
Notre-Dame de Paris è il grande romanzo che nel 1831 consegnò Victor Hugo alla fama letteraria di cui ancor oggi gode. Considerato un testo proemiale in relazione al Romanticismo francese, di cui Hugo è stato acclamato iniziatore, esso sviluppa un nuovo tipo di genere letterario, il romanzo inteso come un teatro epico.
Ecco dunque che la Parigi del tardo Medioevo diviene l’ambientazione di una vicenda troppo ampia e maestosa, com’è d’uso in Hugo, per essere sintetizzata. Al centro delle attenzioni dell’autore vi è sempre l’uomo, questo puntino insignificante nell’economia dell’universo di cui viene messa in risalto la sublime grandezza interiore. L’infinito, tema centrale all’interno della corrente romantica, viene qui applicato all’anima dei personaggi, che per le strade di Parigi recitano la loro parte nella storia, oscillando continuamente tra santità e abiezione, tra gloria e miseria, tra sogno e realtà, tra luce e buio. I personaggi che Hugo ritrae in questo dipinto di parole presentano le innumerevoli sfumature dell’umanità sotto i più disparati aspetti. Sul piano sociale, sono rappresentati tutti gli ambienti della società parigina: la corte del re e gli aristocratici con i loro altarini, i miserabili come Quasimodo o Esmeralda con la loro dignità umana, il clero tra le contraddizioni dell’animo dell’arcidiacono Claude Frollo, gli uomini di cultura sognatori come Pierre Gringoire, la massa popolare della quotidianità, i giovani scapestrati e i carcerati. Sul piano morale è rappresentato lo scontro costante tra bene e male nella storia ma soprattutto nell’animo di ogni uomo, cosicché ogni apparenza di linearità etica è sovvertita, messa in discussione da eventi, passioni e necessità esterne ed interne; dunque un arcidiacono può diventare un mostro e una zingara ritenuta l’immagine del diavolo l’emblema della purezza, un barone può diventare un profittatore e una vecchia carcerata una madre pronta a perder la vita il nome dell’amore, uno storpio scherzo della natura può diventare un salvatore. Ecco dunque, ancora una volta, la rivincita dei miserabili, di un press’a poco come il reietto Quasimodo, di una zingara eterea ai margini della società, di una vecchia pazza che smarrito ogni barlume di razionalità, su quelli che oggi chiameremmo i benpensanti, il fior fiore della società, la guardia reale impietosa, un arcidiacono troppo umano per essere inflessibile nel suo ruolo, un filosofo fuori dal mondo e un popolo ciecamente assuefatto alla disumanità e alle contraddizioni della società parigina.
E come l’anima di ogni uomo è il suo centro portante, il suo punto focale nel rapporto col mondo, allo stesso modo la confusionaria e distratta Parigi è dominata dalla maestosa immagine della cattedrale di Notre-Dame, la cui descrizione non è meno minuziosa di quella che l’autore riserva ai personaggi. Vera e propria anima della città, la cattedrale diviene un punto di convergenza per tutti i personaggi coinvolti, un punto di osservazione sul mondo tra ammirazione e sgomento, un punto di riflessione tra passioni e accadimenti. E’ all’interno della cattedrale che si consuma massimamente il conflitto tra bene e male che attanaglia i personaggi ed è all’interno della cattedrale che l’anima si dispiega nella sua sublime magnificenza ed abiezione. La cattedrale non è solo il punto di partenza ed il punto di arrivo del romanzo, ma è anche il suo intero percorso con le sue ramificazioni e deviazioni. In conclusione, tutto si riconduce inevitabilmente alla scritta su una delle torri, Ananke, termine greco che indica l’assoluta necessità del Fato, che come un’ombra domina sulla vita degli uomini tenendo le redini nella loro lotta con la vita, al termine della quale non è cosa da poco poter dire Tutto quel che ho amato al mondo! di fronte a qualcuno, prima di tornare polvere.