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Bestemmie e miracoli
Già nel 1932 questo stupendo romanzo poteva essere letto in lingua italiana grazie alla pubblicazione voluta dai fratelli Treves e sull’onda di un successo internazionale e sulla spinta esercitata negli ambienti culturali nostrani dall’amico Zweig.
Apparso per la prima volta nel 1930, segue opere come La tela di ragno, Hotel Savoy, Fuga senza fine e precede La marcia di Radetzky. È il romanzo che canta il mondo ebraico-orientale e che rappresenta la decadenza dell’ebraismo orientale e la sua disgregazione, è anche il romanzo che consegna al lettore nella metafora dell’esilio ebraico una delle più alte rappresentazioni della condizione dell’essere umano in vita “esiliato dalla pienezza e dalla totalità della vita vera”(Magris, “Lontano da dove”, 1971). È soprattutto la storia di un “uomo semplice”: bella, struggente, universale nel suo significato.
La narrazione muove il suo corso con tono fiabesco e ci cala subito in un tempo passato e in una terra lontana: Zucknow, villaggio sperduto nell’immensa pianura russa, assoggettata al volere dello zar. La presentazione dei personaggi è magistrale. Mendel Singer è un modesto maestro, è sposato con Deborah, ha due figli maschi e una femmina e lo conosciamo mentre sta per nascere il suo ultimogenito, Menuchim. È un uomo pio, dalla coscienza pura e dall’animo casto. Il bambino però, è chiaro fin da subito, è un minorato. Mentre la moglie assume un atteggiamento attivo e cerca una soluzione al problema affidandosi al rabbi, Mendel soccombe al volere divino, intanto duri destini attendono tutti i componenti della famiglia e la fede, già messa a dura prova, comincia a vacillare. Con l’approssimarsi del primo conflitto mondiale la famiglia si disgrega, un figlio si vota ai cosacchi, l’altro diserta, emigra in America e vi trascina il resto della famiglia, tranne Menuchim...
Gli eventi cruciali sono narrati con una maestria che ferma il tempo, consegna palpabili emozioni e ne rende pienamente partecipe il lettore.
I conflitti interni alla famiglia, la sua disgregazione, il crollo delle certezze contribuiscono a creare un quadro cupo e desolante e man mano che viene meno la fede di Mendel Singer si è portati a sperare in luoghi e tempi migliori. L’America però non rappresenterà la salvezza ma la distruzione e quando intorno tutto è buio, il lettore non potrà certo credere al mito americano. Subentra un nichilismo impressionante che culmina con il coinvolgimento dell’America nel conflitto europeo con il suo carico di nuovi dolori e il tramonto definitivo di ogni illusione. Il finale del libro è però conciliante e terapeutico e riecheggia la giusta ricompensa del biblico Giobbe.
Non perdete questa lettura, rinfrancherà il vostro cuore.
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Tra tutti i romanzi di Roth Joseph il mio preferito rimane sempre La leggenda del Santo bevitore
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