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Partita doppia: dare e avere
Sullo sfondo fosco e incolore della provincia francese all’epoca della Restaurazione, si stagliano due figure: Papà Grandet ed Eugénie. Padre e figlia. Due rappresentazioni del dramma della vita. Due sfere antitetiche di valori, riflessioni e istinti.
Papà Grandet è un uomo di mezza età, nato povero, che ha saputo sfruttare il momento storico per fare fortuna e vive il denaro come unica ragione di vita. Il desiderio di accumularlo, in oro, per poi rinchiudersi la notte in una stanza a rimirarlo, contarlo e inventarsi nuove astuzie di arricchimento. La paura di perderlo, che lo porta a regolare ai limiti dell’indigenza l’uso domestico di candele, fuoco e generi alimentari. Avidità che sovrasta tutto, persino gli affetti: la dolce figlia rappresenta un pericolo ereditario, il fratello suicida il rischio di un esborso, il nipote orfano una fastidiosa bocca da sfamare.
Eugénie è una ragazza nel fiore degli anni, cresciuta in una casa fredda e buia, ignorando l’entità della ricchezza paterna e conducendo una vita umile e modesta. Le privazioni non ne hanno però esacerbato l’animo, che è rimasto limpido e puro, aperto ai sogni e alla speranza di un vero amore. E quando conosce il cugino è pronta a donargli ogni cosa, il suo cuore come i suoi pochi risparmi. Generosità che sovrasta tutto, persino l’istinto di autoconservazione: il padre meschino è un uomo da curare e amare, chi la tradisce un’anima da perdonare, i soldi qualcosa da usare per fare del bene.
La forza di questo romanzo non sta certo nella trama, alquanto scarna di avvenimenti, ma nelle descrizioni minuziose e particolareggiate, tanto dell’ambientazione quanto dei caratteri umani. Una narrazione lenta e limpidissima ci porta nelle stanze buie di casa Grandet, per le malinconiche vie di Saumur e nell’animo dei personaggi. Anche se, in questo caso, forza finisce per essere anche debolezza, nella misura in cui il gusto per il dettaglio risulta prevalente rispetto alla vena emotiva, rinunciando di fatto a toccare le corde le cuore.
Balzac ci offre, in questo tassello del grandioso mosaico della “Commedia Umana”, un ritratto, semplice e reale, senza processo e senza giustizia, di una nuova Francia. Un ritratto che è anche un invito a riflettere, oggi come ieri, sul senso della vita e i suoi valori, vizi e virtù.
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A dir la verità non ho letto "Papà Goriot", probabilmente dovrei. Anche se la carenza di emotività che ho trovato in questo testo non mi invoglia... :)
Quanto a cercare le tue recensioni per le emozioni che suscitano, nonchè per l'affinità di gusti... siamo pari :)
Infatti ho segnato Potok nella lista delle letture, anche se non ti nascondo che l'intensità emotiva di cui parli mi attrae e mi spaventa al tempo stesso.
anche io ho letto solo questo titolo di Balzac e mi ritrovo con il tuo voto medio in piacevolezza.
sicuramente un testo da conoscere
Grazie per il commento. Ciao.
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Il libro mi è piaciuto. Certo non è al livello di "Papà Goriot" , che considero il capolavoro dell'autore.