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RECENSIONE INUTILE!
Come si fa a recensire un capolavoro su cui fiumi d’inchiostro sono già stati versati e miriadi d’interpretazioni critiche sono state elaborate. Mi limito a dire cosa può piacere a un lettore d’oggi d’un romanzo dalla lunghezza interminabile e cosa invece è di difficile digestione. Cominciamo dalle pagine davvero insopportabili( il che non significa brutte, perché in realtà sono davvero mirabili, scritte con rigore certosino e hanno una giustificazione nell’economia del libro): si tratta delle digressione storiche sulla battaglia di Watherloo o sulla monarchia di luglio e sulla stessa fisionomia di Parigi. In secondo luogo si fa fatica a entrare in sintonia con la retorica e i voli pindarci su Dio e sull’amore di cui è pervasa la prosa di Hugo: oggi non si ama più cosi, le anime non sono più cosi pure e forse chi è religioso non prega più Dio in questo modo. Ma detto questo i “Miserabili” è un gioiello davvero. In primo luogo per la storia con le sue mille ramificazioni che lo rendono un edificio dall’architettura davvero ineguagliabile, tanto più che in essa si mescolano il male e il bene, la dannazione e l’utopia di una redenzione. E in ultimo se si vuole toccare con mano cosa potesse significare essere poveri più o meno 100 anni fa basta aprire una delle tante pagine del romanzo e la fame, il freddo, il ribrezzo ispirato alla gente lo senti sulla tua pelle.
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