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Alla ricerca di un senso..
Una ragazza, suicida, è distesa sul suo letto di morte, si è appena gettata dalla finestra e suo marito, un usuraio ex ufficiale, ricostruisce in un monologo le vicende che hanno portato al tragico epilogo. Dostoevskij definisce questo breve romanzo come appartenente al genere “fantastico”, non perché vi siano trattati argomenti non aderenti alla realtà, anzi pare sia stato proprio un fatto di attualità (il suicidio di una giovane donna gettatasi dall’abbaino di un grande palazzo stringendo al petto l’immagine di una Madonna) a ispirare allo scrittore l’idea del racconto. L’elemento fantastico sarebbe quello di immaginare la presenza di uno stenografo che avrebbe annotato i pensieri dell’uomo e a cui lo scrittore sarebbe poi subentrato per dare forma agli appunti.
Questo monologo, in cui si sprigiona tutto il "sottosuolo” che i lettori affezionati a Dostoevskij ben conoscono, ruota attorno al tema dell’incomprensione e tutti gli interrogativi che la voce narrante si pone sul perché le cose siano andate in un determinato modo, sono destinati a rimanere senza risposta. Il marito cerca di fare il punto dei propri pensieri ma si smentisce “sia sul piano della logica sia dei sentimenti” come ci spiega l’autore stesso nella nota introduttiva: è il contrasto interiore l’elemento che dà forma e stile all’intero racconto e, il tempo del racconto, visto lo stato confusionale dell’io narrante, non viene a coincidere con il tempo della memoria generando salti temporali e umorali che rendono questo romanzo un mirabile esercizio di stile.
I personaggi usciti dalla penna di Dostoevskij ancora una volta sono una perfetta chiave di lettura dell’animo umano e dei suoi turbamenti e nonostante il respiro ansante del racconto breve, riesce a condensare in una sessantina di pagine così come nelle più voluminose opere, l'insolubile irrequietezza di quell'animale instabile che è l'uomo.
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