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Laurence, Musetta o Mimì
Ne “La confessione di Claude”, la prima opera di Emile Zola, vi sono già tutte le premesse della poetica del naturalismo che lo scrittore svilupperà nelle opere successive.
Si narra la storia di Claude, giovane che si trasferisce a Parigi dal sud della Francia, ove lascia gli amici con i quali mantiene un contatto epistolare.
Nella capitale Claude sopravvive di stenti e in solitudine (“Vivo in modo stentato e non ho alcuna possibilità di sostenerla. Sono davvero povero…”) e fa la conoscenza di Laurence, una prostituta che lo inizia al sesso in un approccio che suscita insieme curiosità e disgusto (“Il seno, dalla cui immagine ero tanto scosso, non era forse il medesimo sul quale le mani di chissà quanti uomini si erano posate?”).
Nonostante gli intendimenti iniziali, Claude ben presto s’innamora della donna e tenta di compiacerla in tutti i modi (ad esempio portandola a un ballo in maschera), perché comprende che Laurence ha interessi ben diversi dai suoi.
Nello stabile abitano anche Jacques, una vecchia conoscenza di Claude, e Marie, una ragazza dalla salute irrimediabilmente compromessa. La frequentazione della coppia sovverte il corso della relazione tra il protagonista e la sua amata.
La storia attraversa tutte le fasi della passione e risente delle atmosfere bohèmienne (“Trasformerò Laurence in una Musetta o in una Mimì; sarà sempre bella e giovane…”): l’iniziale intento di redenzione (“Credevo di essere sul punto di salvarla, mi accorgo invece di avere accanto una donna della quale non conosco nulla”), il montare dell’ossessione amorosa di fronte all’indifferenza dell’amata (“Era marmorea, fredda e rigida, come appunto sono le statue”), il desiderio di possesso, il sospetto che induce a spiare e origliare, il tradimento (“Laurence se la ride di voi! Ecco come sono fatti gli uomini! Amano soltanto chi li tradisce e chi li abbandona”), la guarigione (“Ascoltate questo mio suggerimento, amici miei fraterni: quando una delle tante Maddalene che girovagano per il mondo si getterà ai vostri piedi…”).
Giudizio finale: bohémien, preliminare (rispetto alla produzione successiva di Zola), riparatore nel finale.
Bruno Elpis
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