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Un morto filosofo
Opera di un morto scritto con la penna della facezia e l'inchiostro della malinconia. E' lo stesso De Assis nel prologo a dare la definizine più calzante di questo volume. Si tratta di un'idea originale: quella di scrivere un"autobiografia postuma. Come dice lo stesso protagonista lui non è un autore defunto, ma defunto autore. Il libro inizia con una dedica rivolta al verme che per primo si ciberà del suo corpo. Prosegue raccontandoci la morte di Biagio Cubas avvenuta a sessantaquattro anni di polmonite e piuttosto in solitaria. Ricorrendo a capitoli molto corti l'autore ci racconta la sua vita partendo dall'infanzia, fino agli amori, all'impegno politico e alle amicizie. La parte principale ce l"ha Virginia, in varie vesti presente nei momenti salienti della vita di Biagio
L'originalità di questo romanzo è il dialogo continuo con il lettore, che viene sgridato quando si sta distraendo, viene incoraggiato a resistere alla noia. Riceve inoltre una serie di consigli sotto forma di aforismi degni di Oscar Wilde tra i quali trovo geniale " si sopporta con pazienza la colica del prossimo".
Nonostante l'abile suddivisione in paragrafi la lettura non mi è sempre stata agevole. Spesso De Assis tende a divagare perdendo di vista la trama. Più di una volta sono dovuta tornare all'inizio della pagina per ritrovare il filo perso. Quindi mi ritrovo pienamente in quanto ci dice l'autore " il peggior difetto di questo libro sei tu lettore. Tu hai fretta di invecchiare e questo libro procede lentamente, a te piace la narrazione spedita.... e questo libro e il mio stile procedono come gli ubriachi, bordeggiando a destta e a sinistra..."
In effetti per il mio gusto questo scrittore bordeggia un pò troppo. Peccato, perchè le parti in cui la trama prosegue spedita mi sono piaciute. Così come ho trovato molto acute le massime: alcune inserite in un elenco, altre messe in bocca ai vari personaggi.