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Il marito della vedova
Un giovane Victor Hugo sceglie di dire di no alla pena di morte con un racconto essenziale, sintetico eppure complesso nel descrivere il dramma che precede gli ultimi giorni di un condannato a morte. Ha quasi dell'incredibile che un poco più che ventenne sia riuscito a descrivere con questa intensità che cosa si possa dibattere nella mente di chi aspetta che la propria ora rintocchi per mano del boia.
Hugo decide di ricorrere ad un diario scritto da un condannato dal giorno in cui viene emessa la sentenza di primo grado, fino a sei settimane dopo, a pochi minuti dalla salita sul patibolo. Sappiamo poco su questo carcerato: non il nome, non il delitto di cui è accusato. Salvo qualche riferimento alla sua bambina che rimarrà orfana non c'è nessun tentativo di impietosirci. Non si professa innocente, non cerca attenuanti. Lo stesso galeotto ci spiega di voler scrivere quelle righe nella speranza che l'opinione pubblica si renda conto della barbarie della ghigliottina. Con amarezza aggiunge che forse ha poco senso impegnarsi per abolire la pena di morte, visto che in ogni caso non sarà lui a godere di questo atto di civiltà.
Le descrizioni delle condizioni di vita indegne dei carceri sono state raccontate in innumerevoli romanzi. Questo ha qualcosa di diverso: ci parla delo stato d'animo del condannato. Ci racconta che dentro la sua testa solo tre parole trovano spazio: condannato a morte. Ci racconta del desiderio di farla finita il prima possibile e dell'assurdità che i suoi carcerieri si impegnino per evitare che anticipi il lavoro del boia. Ci parla della folla che sbava di fronte alla ghigliottina in attesa di vedere il sangue e della situazione desolante i cui si trovano carcerieri e cappellano per i quali anche la morte è diventata routine.
Bel libro, sicuramente ancora attuale: se anche le condizioni di alcuni bracci della morte sono migliorati, di sicuro non c'è nulla che possa porre sollievo ad un'attesa di questo tipo. Hugo ci dice che ognuno di noi ha una condanna a morte se pur dilazionata nel tempo. Il dramma maggiore non è averla, ma conoscere il giorno in cui sarà eseguita. E ancora la chiamano giustizia.