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La peste
 
La peste 2015-07-22 05:55:24 enricocaramuscio
Voto medio 
 
2.5
Stile 
 
2.0
Contenuto 
 
4.0
Piacevolezza 
 
2.0
enricocaramuscio Opinione inserita da enricocaramuscio    22 Luglio, 2015
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Un vortice di paura, noia e disperazione

Una città senza piccioni, senza alberi né giardini, senza battiti d’ali o fruscii di foglie, dove la primavera si riconosce soltanto da ciò che si vende nei mercati, d’estate il sole arde implacabile sulle case, l’autunno è un’invasione di fango e le belle giornate arrivano soltanto in inverno. Siamo ad Orano, prefettura francese sulla costa algerina, nella seconda metà degli anni Quaranta. Una quantità incalcolabile di topi continua a morire in ogni angolo della città appestandone l’aria e non promettendo niente di buono. Di lì a poco, infatti, cominciano a morire anche le persone, assalite da febbri altissime, da gonfiori alle membra e ai gangli del collo, da violenti attacchi di vomito. I sintomi riconducono inequivocabilmente ad una malattia debellata ormai da tempo, di cui non si dovrebbe più sentir parlare. Sembra impossibile ma purtroppo è la triste verità: si tratta di un’epidemia di peste. Orano è costretta all’isolamento, il vortice di paura, di noia, di disperazione in cui si ritrovano i suoi abitanti tende ad evidenziarne pregi e difetti, rimarcandone i vizi o esaltandone le virtù a seconda dei soggetti e della loro reazione alla sciagura. Bernard Rieux, medico e principale protagonista del racconto, cerca di organizzare una strenua opposizione al terribile male, aiutato da una squadra di volontari e affiancato da un gruppo di fedeli amici. Una battaglia che ricorda molto l’eterna lotta che l’uomo combatte da sempre contro un mondo ostile e spietato. La peste di Camus si rivela infatti come un’amara metafora dei mali che affliggono l’umanità dall’alba dei tempi e che l’uomo non è ancora riuscito a debellare, né si mostra capace di poterlo fare. Un argomento importante trattato però in maniera fredda e meccanica dall’autore. Un racconto piatto, una prosa poco coinvolgente, personaggi incapaci di creare empatia con il lettore, lunghi passaggi in cui si ripetono sempre gli stessi concetti sono i principali difetti di un’opera che parte da uno spunto interessante per poi perdersi pagina dopo pagina e ritrovarsi soltanto in finale che lascia aperta la porta della speranza ma che al contempo ricorda “che il bacillo della peste non muore né scompare mai, che può restare per decine di anni addormentato nei mobili e nella biancheria, che aspetta pazientemente nelle camere, nelle cantine, nelle valigie, nei fazzoletti e nelle cartacce e che forse verrebbe giorno in cui, per sventura e insegnamento agli uomini, la peste avrebbe svegliato i suoi topi per mandarli a morire in una città felice.”

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Commenti

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Io ho letto il romanzo 30 anni fa e ricordo solo che mi aveva fatto venire voglia di leggere tutto di Camus. Ora dovrei rileggermelo.
Ciao Enrico. Quindi non sono l'unico ad aver tratto scarsa piacevolezza da questo libro!
Forse l' ho letto in età troppo giovane, ma al momento non avverto alcuna necessità di una rilettura.
Ciao Enrico, condivido il fatto che l'opera non sia piacevole, anche se l'ho valutata un po' meno pesante rispetto a te, non capisco però il due sullo stile: penso non sia stato facile giungere con la prosa, quindi in modo artificioso, a generare quella sensazione sgradevole che ha accompagnato la lettura mia e tua e che, penso, fosse proprio l'obiettivo di Camus. Il fatto che l'opera sia così antipatica e respingente, a mio avviso, è un grande esercizio di stile teso a fare un tutt'uno in una difficile scissione tra stile e contenuto. Sarebbe un po', passami l'esempio, leggere Cecità di Saramago con i punti fermi.
Ciao Enrico, nei giorni scorsi ho riletto "La peste" e, come avrò modo di esprimere nel mio commento, trovo quest'opera un capolavoro di costruzione narrativa: duecento pagine di incubo, situazioni repellenti, un'autentica sfida alla tolleranza del lettore. Nelle ultime cinquanta pagine la maestria di Camus si dispiega: indugia su una splendida amicizia, sventaglia allegorie e simbolismi a non finire (come hai perfettamente rappresentato), sorprende con le rivelazioni sul narratore assumendo tonalità metanarrative... peccato non ti sia piaciuto! Ciao :-)
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