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"Madamina, il catalogo è questo..." o così fan tut
Secondo romanzo di Maupassant, si muove sul doppio binario della continuità e della frattura rispetto al primo, “Una vita”.
La continuità può essere ravvisata nella rappresentazione della società francese, riflettori puntati ora sulla rampante borghesia parigina, mentre l’elemento di frattura mi pare evidente nel registro stilistico. Se “Una vita” rappresenta con delicatezza e in equilibrio armonico, tramite i numerosi inserti descrittivi una vicenda privata nella quale il paesaggio concorre a creare l’atmosfera, “Bel- Ami”,adotta un registro a tratti volgare e scurrile consono a delineare un degrado morale e nel protagonista ma, in misura maggiore, nella società ove egli faticosamente cerca di inserirsi.
Un posto al sole ambisce il provinciale giunto dalla Normandia, poco impegno, scaltro ingegno: abile opportunista. Maupassant lo crea ad arte per inserirlo, in un continuo gioco di specchi e di rimandi, dentro uno spaccato a lui noto, per i soliti motivi autobiografici che fustellano la sua opera, fatto di eccessi sessuali, tentativi letterari, carriera giornalistica, frequentazioni altolocate. Leggere la biografia dell’autore permette di individuare gli spunti autobiografici e forse anche di comprendere la frase emulatrice di quella flaubertiana che lo portò, giocando (?), a dire: “Bel- Ami sono io”.
Ma chi è Bel-Ami?
È George, l’arrivista perfetto, la cocotte declinata al maschile, la prova provata dell’esistenza della mobilità sociale. Privo di talento e di formazione, si inserisce nel mondo agognato che dai boulevard osserva, schivato, denigrandone, ipocrisia e falsità. L’invidia lo punge, è il motore che gli permette la scalata sociale. Noi lettori attraversiamo con lui sobborghi, bettole, lussuosi saloni, redazioni giornalistiche manipolatrici delle informazioni e degli interessi privati, conosciamo donne, donnette e donnacce e macchiette umane. Un solo personaggio assurge ad un ruolo diverso, Maupassant lo usa per trasferire al suo protagonista una lettura della vita che è la riprova di quanto comune sia, in un modo o nell’altro, errare. Sono le parole del poeta Norbert de Varenne le pagine più belle del romanzo, le declama quasi di notte all’errante Bel – Ami per confermare a se stesso l’esistenza dell’errore nella breve parabola esistenziale di ciascun uomo. Lo affranca da sentirne il peso perché quando questo si farà sentire il tempo sarà già trascorso. Lo invita a circondarsi di affetti per non temere la solitudine. È una pagina sola, non può nulla contro la forza del protagonista. È una macina, stritola tutto, mette a nudo il marcio, vi affonda le fauci, se ne alimenta divenendone finalmente parte.
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La definizione del protagonista come "cocotte declinata al maschile" è veramente calzante.
Pur essendo la scrittura di Maupassant di alto livello letterario, anch'io non ho provato una gran piacevolezza nella lettura, forse a causa del bruttissimo personaggio o per l'acuto pessimismo di fondo... Comunque c'è la rappresentazione di un'orribile società che ruota attorno al giornalismo (e non solo), da far gongolare la critica sociologica.
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