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Aschenbach da Mann a Visconti
Che “La morte a Venezia” di Thomas Mann faccia riferimento ad alcuni episodi della vita dell’autore è noto. Ciò, tuttavia, non fa dell’opera un romanzo autobiografico. Lo splendido personaggio di Aschenbach, un artista in crisi, giunto a Venezia per ritrovare quella disciplina e quel rigore su cui aveva sempre basato la sua arte, diviene il simbolo del declino d’un’epoca e portavoce del suo profondo malessere. Il racconto procede con la continua contrapposizione tra la bellezza struggente d’una Venezia dei primi del novecento e la nauseabonda e maleolente aria che si respira attraversando i suoi canali. La vicenda umana e artistica di Aschenbach si dibatte tra la perenne aspirazione alla perfezione e al sublime e l’amara constatazione del progressivo degrado. In questo scenario si inserisce la passione improvvisa per il giovane Tadzio, la cui efebica bellezza incarna ai suoi occhi la perfezione del mondo classico. Aschenbach, tuttavia, vive questo sentimento con un profondo senso di colpa. La purezza di Tadzio è contaminata dal desiderio dell’anziano artista, al punto da divenire egli stesso personaggio ambiguo e inquietante. Eros e Thanatos, Vita e Morte, Salute e Malattia, nello splendido scenario veneziano.
L’Aschenbach scrittore di Mann diviene l’Aschenbach musicista di Visconti. É sempre la crisi dell’arte in tutte le sue espressioni, al centro della realizzazione cinematografica del regista italiano.
Anche Visconti ha rappresentato la crisi del mondo borghese, con lo stesso nostalgico sentimento, anche nelle raffinatissime riproduzioni degli ambienti veneziani si nota un indulgere su personaggi e situazioni che vanno lentamente scivolando nel passato. La musica di Mahler si sostituisce alla parola di Mann. Le espressioni del viso di Aschenbach,, interpretato da Dirk Bogarde, sostituiscono le descrizioni e i pensieri del personaggio di Mann. Se il protagonista del romanzo, tuttavia, non può in nessun caso coincidere con l’autore, qualche coincidenza si può, al contrario, riscontrare tra Aschenbach e Visconti stesso. Nonostante ciò, neanche il film può essere considerato come opera autobiografica.
Mann e Visconti, sia pure in momenti storici diversi, hanno saputo rappresentare con lo stesso pathos, il sofferto rimpianto d’un mondo scomparso, il mondo di ieri.
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