Dettagli Recensione
Io non partecipo
Essere uomini, come voleva Platone, significa in qualche modo essere filosofi.
...anticipazioni sulla trama....
Chi di noi vivendo non si interroga sulla complessità della vita, sul suo valore, chi mai non si è girato al passato per riavvolgere la pellicola o, speranzoso, ha volto lo sguardo al futuro?
La lettura di questo testo ci ricorda l’appartenenza comune ad una dimensione vitale che, al di là di ogni apparenza, è caratterizzata dalla complessità, dalla fuggevolezza, dall’inconsistenza palpabile ma facilmente celabile. Nella società attuale si rincorrono i miti più impensabili: annullamento del dolore in ogni sua forma e manifestazione, ricerca della felicità strettamente correlata al benessere materiale, presunzione scientifica di varcare la soglia del mistero e di farla propria. Sono molteplici le manifestazioni che tutti abbiamo sotto gli occhi di una pulsione tutta umana di voler cogliere l’inafferrabile.
Meursault no, egli è l’antitesi di tutto ciò: è apatia, è abbandono, è negazione. Vive da impiegato un’esistenza che pare non scalfirlo; la morte della madre non lo fa piangere, le lusinghe dell’amore non lo fanno gioire. L’atto gratuito che lo manda al patibolo non modifica di molto il suo sentire. Meursault in realtà vive di percezioni sensoriali: patisce il caldo e commette l’omicidio in un clima di rarefazione sensoriale. Percepisce con tutto il suo apparato sensoriale lo scorrere degli eventi e se ne fa influenzare. Le orecchie sentono nel ricordo la mamma parlare, gli occhi colgono fotogrammi di raro squallore ( emblematico il cane malato) e di piena bellezza ( il cielo e le sue sfumature), la pelle sente il calore della donna e il refrigerio del mare con la sua pungente salinità: tutti i sensi sono coinvolti e stravolti al tempo stesso. Acuiscono il fastidio della vita e non ne modificano in positivo l’essenza.
Non stupisce che rimangano così attivi in carcere e che permettano di ricordare percezioni già incamerate e ora faticosamente ricercate. Il cielo è inquadrabile solo dal perimetro ridotto di un pertugio sul soffitto ma non ha perso la sua capacità di comunicare. Vira al rosa per annunciare la sera che qui si fa metafora della raggiunta consapevolezza dell’uomo e del suo breve e sempre limitato segmento di vita. Non stupisce constatare che la sua lunghezza non è importante, che la stessa sua fine sia solo un dettaglio e che in fondo Meursault con la sua mancata partecipazione emotiva agli eventi di cui è il protagonista incarni, volenti o nolenti, l’intima solitudine umana e la sua condizione di estraneità al tutto e a se stessi.
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Commenti
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Io l'ho letto nell'età "a cui si addice la primavera". Forse troppo presto per un libro così impegnativo; comunque mi era piaciuto. Sarebbe opportuno rileggerlo ora, con maggiore (?) maturità.
Ferruccio
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Ferruccio